Conflitto Israelo palestinese. Hamas "230 vittime di cui 65 bambini". Forse tregua imminente
Dall’inizio dei bombardamenti sulla striscia di Gaza, lo scorso 10 maggio, sono rimaste uccise 230 persone. L’aggiornamento è del ministero della Sanità palestinese, che specifica come fra le vittime si contino 65 bambini, 39 donne e 17 anziani. I feriti invece sono saliti a 1710. Dopo pausa di otto ore – la più lunga dall’inizio del conflitto – è ripreso intorno alle 9 il lancio di razzi dall’enclave verso le comunità circostanti e in particolare la zona industriale della città costiera di Askhelon. Lo comunica l’esercito israeliano (Israel defence forces, Idf) secondo cui gli allarmi antimissili si sono attivati al valico merci di Kerem Shalom. Al momento non si segnalano vittime.
Le offensive nella notte – Le stesse forze di Tel Aviv, questa mattina, hanno sostenuto che ottanta razzi e colpi di mortaio siano stati lanciati dalla striscia di Gaza verso il territorio israeliano a partire dalle 19 della sera precedente, spiegando che dieci razzi sono caduti all’interno della stessa enclave palestinese (perché difettosi) e circa il 90% di quelli rivolti verso aree popolate sono stati intercettati dal sistema di difesa missilistica Iron Dome. L’ultimo attacco è stato diretto, poco dopo l’una di notte, verso la città di Kiryat Malachi e l’area circostante, senza causare feriti. Finora, sempre secondo Israele, i razzi lanciati dall’enclave palestinese sono stati 4070, 610 dei quali caduti all’interno della striscia. Nella notte anche l’aviazione di Tel Aviv ha condotto una serie di attacchi a Gaza: l’Idf afferma di aver distrutto il cosiddetto “metrò”, la rete sotterranea di Hamas, un sistema di tunnel e di bunker costruito sotto al tessuto urbano della striscia. “Hamas ha trascorso l’ultimo decennio a costruire la rete di tunnel del terrore. In soli 5 giorni l’abbiamo neutralizzato”, si legge in un tweet delle forze armate israeliane, accompagnato da un video propagandistico. Colpita anche la casa di un comandante militare, una fabbrica di armi e alcune rampe di lancio di razzi usate dal movimento islamico.
I negoziati in corso: “Tregua imminente” – Un possibile cessate il fuoco potrebbe essere raggiunto nelle prossime 24 ore. Lo riporta il sito israeliano Walla che cita alte fonti governative non precisate. La mediazione indiretta tra le parti – si legge – avviene tramite i servizi di intelligence egiziani, che stanno conducendo contatti diretti con Hamas nella Striscia, e l’inviato dell’Onu per il Medio Oriente Tom Wennesland, che invece è andato a Doha, in Qatar, dove vivono importanti dirigenti di Hamas in esilio. Ed è proprio Hamas che a propria volta comunica di ritenere “imminente” il patto per una tregua con Israele. “Penso che probabilmente arriveremo a un cessate il fuoco nei prossimi due giorni. Solo Dio sa quando i mediatori saranno in grado di raggiungere un accordo”, ha affermato il numero due del politburo, Mousa Abu Marzook, citato dal sito israeliano Ynet. “Possiamo combattere per mesi. Se Israele avesse lanciato un’incursione di terra nella Striscia, avrebbe visto cose che non aveva mai visto prima”, ha aggiunto, sostenendo che lo stesso governo di Tel Aviv “sta lavorando con vigore per raggiungere un cessate il fuoco”. Secondo il Wall Street Journal, che cita fonti vicine ai negoziati, i mediatori egiziani avrebbero compiuto “progressi” nei colloqui con i leader palestinesi. Anche perché Israele – scrive il quotidiano finanziario – avrebbe inoltre ammesso di essere vicino al raggiungimento dei propri obiettivi militari. Oltre all’Egitto, anche il Qatar e Stati Uniti stanno lavorando per la tregua. Anche un leader di Hamas citato dalla Cnn parla di ”atmosfera positiva”, “grazie al sostegno dei nostri fratelli egiziani e del Qatar”.
Le reazioni internazionali – Ieri il presidente Usa Joe Biden aveva chiesto al premier israeliano Benjamin Netanyahu “una significativa de-escalation”, appello rimasto inascoltato. Ancora oggi segretario di stato Antony Blinken ha parlato con il ministro degli Esteri di Tel Aviv, Gabi Ashkenazi, discutendo “degli sforzi per mettere fine alla violenza” e ribadendo le aspettative di Washington. L’ostacolo principale al raffreddamento, pare, è rappresentato dall’incognita della Jihad islamica palestinese: secondo un funzionario americano citato dal WSJ, il gruppo viene considerato un ”jolly” e si ritiene che possa continuare a sferrare attacchi contro Israele anche dopo l’eventuale cessate il fuoco. La Casa Bianca non ha commentato. In visita a Tel Aviv, nell’ambito degli sforzi condotti dalla comunità internazionale, c’è anche il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas: “Sono venuto qui per assicurare la nostra solidarietà a Israele”, che “ha diritto di difendersi contro questi attacchi inaccettabili”, ha detto. E il diritto alla difesa include quello di “distruggere le infrastrutture” da cui possono essere lanciati attacchi in futuro. La convinzione della Germania, specifica però, è che i due popoli possano convivere soltanto nella soluzione a due Stati: “Siamo convinti che la vita in sicurezza e pace a lungo termine sia possibile solo se israeliani e palestinesi possono gestire autonomamente i loro affari”, ha dichiarato dall’aeroporto Ben Gurion.