Crisi afghana. Gli Stati Uniti e l'Unione europea alle prese con il rischio attentati e il dramma dei profughi

di redazione 28/08/2021 ESTERI
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Gli Usa lasciano l'Afghanistan, ma si lasciano alle spalle l'attentato più letale per l'esercito americano negli ultimi dieci anni. Non c'e' ancora un bilancio ufficiale, ma per tutta la giornata si sono susseguiti numeri via via piu' agghiaccianti. Secondo fonti sanitarie locali, sono 170 i decessi, tra afghani e non, oltre ai 13 soldati americani. Ma c'e' chi parla di 200 morti e sicuramente altrettanti (se non piu' feriti): un attentato che, se cosi' fosse, sarebbe il piu' sanguinoso in venti anni di permanenza Occidentale nel tormentato Paese.


Il giorno dopo l'inferno, il Pentagono ha rivisto il resoconto di ciò che è accaduto all'aeroporto: contraddicendo la versione del giorno prima, il generale William Taylor ha spiegato che non c'e' stata una seconda esplosione all'interno o nelle vicinanze del Baron Hotel, ma un solo kamikaze all'Abbey Gate, seguito da diversi spari (che gli americani non ancora capito da dove provenissero o da chi fossero azionati). Intanto gli Usa continuano le evacuazioni, mentre gli altri Paesi, l'uno dopo l'altro, hanno praticamente tutti chiuso i voli.

Oggi l'ultimo volo italiano, con a bordo il console Tommaso Claudi, l'ambasciatore Pontecorvo e i Carabinieri del Tuscania che erano ancora sul posto. Per tutti resta lo spartiacque del 31 agosto indicato dal presidente Joe Biden che, ancora oggi, ha confermato come le evacuazioni americane andranno avanti come previsto fino all'ultimo. Ma è chiaro che l'attacco di ieri per molti afghani è stato l'ultimo chiodo messo sulla bara. A Kabul rimangono le folle in attesa, molti in piedi accanto agli autobus con i bagagli ai lati. Ma oggi erano centinaia, non le migliaia dei giorni scorsi: si stima che nel Paese rimarranno centinaia di migliaia di persone che avrebbero voluto fuggire dal dominio dei talebani, ma pochissimi sembrano ormai riuscire ad arrivare ai cancelli. Biden ha promesso vendetta, che darà caccia senza tregua a chi ha compiuto la strage ma l'Isis-K per ora è ancora "una minaccia concreta".

"Vuole che scompaiono dalla faccia della terra", ha detto la sua portavoce Jen Psaki; ma per ora le truppe Usa devono pensare a guardarsi le spalle. Il Pentagono ha ammesso che quelli, da qui sino al 31 agosto, saranno i giorni piu' pericolosi. Biden e la sua vice Kamala Harris sono stati messi in guardia che un nuovo attentato e' "probabile": glielo hanno detto gli uomini della Sicurezza nazionale, in una riunione nella Situation Room a cui hanno partecipato anche gli alti comandanti e i diplomatici dispiegati in Afghanistan. Biden, che come presidente e' anche comandato in capo delle forze armate, ha autorizzato i vertici militari a fare tutto il necessario per proteggere le truppe. Ma non è detto che basti.

L'Unione europea ha davanti un settembre caldo. A Bruxelles, nelle prossime settimane, bisognerà fare i conti con diversi dossier scottanti. A partire dall'ultima emergenza, quella dell'Afghanistan, che in Europa si presenta sotto diversi filoni. Il più preoccupante è quello delle migrazioni: l'Ue non vuole correre il rischio di un nuovo scenario 2015. E per evitarlo sta mettendo in campo una strategia di cooperazione, anche attraverso l'erogazione di fondi, con i Paesi vicini all'Afghanistan.

 

Il tema migranti però era già una questione spinosa ancora prima della caduta di Kabul. In particolare al confine esterno con la Bielorussia: l'ultima strategia del regime di Aleksander Lukashenko per mettere in difficoltà l'Ue è proprio quella di permettere l'accesso a migliaia di richiedenti asilo provenienti per lo più dall'Iraq. Sia Polonia che Lituania hanno annunciato la costruzione di recinzioni per respingere gli arrivi. 

Di migrazioni, ma anche di sicurezza, si parlerà nella riunione straordinaria dei ministri dell'Interno convocata dalla presidenza slovena dell'Ue per il 31 agosto. Di Afghanistan si parlerà invece nelle riunioni dei ministri della Difesa (il primo settembre) e dei ministri degli Esteri (2-3 settembre).     

Sul fronte interno, la Commissione europea sarà impegnata invece nel braccio di ferro con  e  sullo stato di diritto. In particolare, entro settembre, dovrà pronunciarsi sui Piani nazionali di ripresa e resilienza dei due Paesi, la cui valutazione è stata posticipata proprio a causa di carenze sul fronte della trasparenza e della tutela dei diritti e dell'indipendenza del sistema giudiziario. Le riunioni dell'Ecofin (10-11 settembre e una videoconferenza informale il 6 settembre) saranno l'occasione per fare il punto.      

L'esecutivo europeo non sembra tuttavia ancora intenzionato ad applicare il principio di condizionalità, ossia legare l'erogazione dei fondi al rispetto del diritto, come invece chiede con una certa sollecitudine il Parlamento europeo, che ha promesso di ricorrere davanti al Corte europea.     

E davanti al Parlamento europeo (riunito in sessione plenaria dal 13 al 16 settembre) la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, farà il quadro della situazione con il suo discorso sullo stato dell'Unione, in programma per il 15 settembre.     

Non è escluso che il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, convochi durante il mese una riunione straordinaria dei leader dei Ventisette, alla luce degli ultimi sviluppi globali.  

 


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