“Preferiamo la pace o stare tranquilli con l’aria condizionata accesa tutta l’estate”?
Una frase a effetto, pronunciata dal presidente del Consiglio Draghi che, da un momento all’altro, ha reso ben chiaro che in questo momento l’Italia non può permettersi un dispendio energetico. La dipendenza dell’Italia dalla Russia per la fornitura del gas è un problema serio. L’Italia da Mosca importa quasi il 40% del fabbisogno di gas naturale con cui produce circa il 50% dell’elettricità necessaria ai nostri consumi. E' prioritario, dunque, per il governo correre ai ripari e trovare soluzioni alternative in caso l’Europa decida per l’embargo sulle forniture di metano.
Da una parte l'impegno all'estero per assicurarsi nuove forniture di materia prima, dall'altra le nuove regole per ridurre i consumi energetici principalmente negli uffici pubblici, poi, forse, anche nelle abitazioni private.
L'operazione termostato
Dal 1 maggio 2022 (fino al 31 marzo 2023) prenderà il via la cosiddetta ‘operazione termostato’, un emendamento al decreto Bollette che prevede di tenere i condizionatori, in tutti gli edifici pubblici, a una temperatura non inferiore ai 27 gradi, con tolleranza di due gradi. In inverno invece i riscaldamenti dovranno tararsi a 19 gradi, anche qui con massimo due gradi di tolleranza. In caso di violazione delle regole sono previste multe dai 500 ai 3 mila euro. Un sacrificio che mira a ridurre i consumi di metano per 4 miliardi di metri cubi. Tutto gas che si può stoccare e conservare per non trovarsi scoperti in inverno.
Ma perché una stretta proprio sui condizionatori d’aria per razionare i consumi energetici? Non ci sono alternative possibili nell’immediato?
Sergio Ferraris, direttore della rivista QualEnergia, ha dichiarato a Rainews 24 che:
“Il degenerare del conflitto in Ucraina ci ha colto alla sprovvista. Non siamo pronti ad adottare strategie alternative immediate -afferma Ferraris-. Fino allo scorso anno le scelte italiane in ambito energetico sono state fatte contando sul gas proveniente dalla Russia. Non abbiamo risorse nostre e anche l’approvvigionamento da altri Paesi, come Azerbaijan o Africa, è poco significativo. Insieme alla Germania siamo il Paese che dipende di più da Mosca. Finora le cose stanno ancora andando bene perché i rubinetti delle forniture non sono stati chiusi”.
L’ipotesi rinnovabili
“Non si può decidere da un giorno all’altro di investire sulle energie rinnovabili, ci vuole tempo, bisogna ragionare in prospettiva -continua il direttore di QualEnergia-. Per realizzare un impianto fotovoltaico ci vuole almeno un anno, partendo subito, senza considerare la congiuntura non favorevole della carenza e del conseguente aumento dei prezzi di materie prime per realizzarlo”.
“Va poi considerato l’enorme peso della burocrazia che condiziona pesantemente ogni progetto in Italia. Un impianto eolico progettato vicino Taranto ha aspettato 9 anni l’autorizzazione per impedimenti legati a vincoli paesaggistici. E questo certo non aiuta”.