FESTA DEL CINEMA DI ROMA. Simon Lereng Wilmont: A house made of splinters.
Alice nella città. Fuori concorso.
Un rifugio, così, giustamente la direttrice definisce questa casa di accoglienza per bambine temporaneamente allontanati dalle loro famiglie nell’Ucraina occidentale.
Ma anche un luogo edificato su storie dolorose che tenderanno a ripetersi sempre uguali a sé stesse, le ragazzine di oggi diventeranno inevitabilmente le future madri alcolizzate in un ciclo che sembra impossibile spezzare.
A house made of splinters è un documentario che, ovviamente, non può lasciare indifferenti come sempre quando assistiamo impotenti al dolore inflitto ai più deboli ed innocenti, che siano bambini, anziani, malati o animali.
Quello che colpisce di più e che fa più male è il fatto che i piccoli, a volte piccolissimi, protagonisti siano in realtà già grandi.
Le situazioni difficili dalle quali provengono gli hanno letteralmente rubato l’infanzia.
Parlano dei loro genitori alcolizzati con una consapevolezza doloroso.
Eppure in questo luogo caldo, pieno di amore spesso impotente dinnanzi a situazioni impossibili, c’è ancora spazio per l’innocenza.
Qui c’è ancora spazio per ritornare per un attimo ad essere bambini che giocano felici, tra piccole storie di amicizia e di crescita troppo veloce.
C’è chi si atteggia a fare il duro, chi scopre una nuova amica, chi finirà in orfanotrofio, chi troverà l’amore della nonna e chi, infine, una nuova casa.
Fuori da queste mura le storie che ascoltiamo sono atroci e terribili.
Genitori senza lavoro in preda all’alcool, violenze domestiche, povertà, case fatiscenti piene di scarafaggi, bambini abbandonati a sé stessi che sopravvivono a stento tra piccoli furti.
E sullo sfondo i colpi di cannone della guerra, come se non fosse già abbastanza quello che devono sopportare queste povere vite innocenti.
EMILIANO BAGLIO