USA. La Public Health Service Commissioned Corps afferma che i social media sarebbero dannosi per lo sviluppo degli adolescenti

di redazione 24/05/2023 SCIENZA E TECNOLOGIA
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I social possono avere “effetti estremamente dannosi” sulla salute mentale di bambini e ragazzi: e i colossi della tecnologia devono agire al più presto. È l’allarme lanciato ieri con un rapporto di 19 pagine, dalla massima autorità sanitaria statunitense, il dottor Vivek Murthy, “Surgeon General” – ovvero “chirurgo generale” – a capo del Public Health Service Commissioned Corps e voce ufficiale del governo in materia di sanità pubblica.

Nel rapporto il dottor Vivek Murthy afferma che gli effetti dei social media sulla salute mentale degli adolescenti non sono stati ancora completamente compresi e che le piattaforme digitali potrebbero essere anche utili per alcuni utenti. Tuttavia, viene sottolineato come ci siano «ampi indicatori che nell’uso dei social vi sia un profondo rischio di danni alla salute mentale e al benessere di bambini e adolescenti».

Il rapporto, inoltre, suggerisce alcune raccomandazioni pratiche per aiutare le famiglie a guidare i giovani. Ad esempio, viene consigliato ai genitori di evitare i device elettronici durante i pasti o limitarne l'uso durante il giorno, promuovendo i rapporti personali e la conversazione. Oppure si invitano madri e padri a responsabilizzare i figli sulla diffusione dei dati personali e l’importanza della privacy. Nel report non vi sono indicazioni su quale potrebbe essere un uso sano dei social media, che – meglio precisare – non vengono in alcun modo condannati. C’è però un monito ad approfondire l’argomento, in quanto non ci sono prove sufficienti per determinare se i social media siano sufficientemente sicuri per i giovani.

 

Il chirurgo generale degli Stati Uniti, citato dal New York Times, ha invitato le grandi compagnie digitali a imporre limiti di età e a creare impostazioni predefinite con elevati standard di sicurezza e privacy, specialmente per i bambini. Il medico ha pure esortato il Governo americano a creare standard di sicurezza legati all’uso delle piattaforme da parte dei giovani. Sebbene la maggior parte delle piattaforme applichi un requisito di età minima di 13 anni, quasi il 40% dei bambini americani di età compresa tra gli 8 e i 12 anni accede regolarmente sui social.

Stando a un sondaggio di Pew Research, fino al 95% degli adolescenti utilizza almeno una piattaforma online, mentre più di un terzo usa i social media «quasi costantemente». Tornando allo studio di Dipendenze Svizzera, oltre l'80% dei giovani di età compresa tra gli 11 e i 15 anni frequenta quotidianamente i social network, con un tasso di utilizzo problematico di circa il 7%.

Il New York Times, citando alcuni studi, fa notare che con la crescita degli utenti sono aumentate pure le diagnosi cliniche di ansia e depressione negli adolescenti, nonché i casi di autolesionismo e di tendenze suicide. Il recente rapporto – continua il NYT – potrebbe incoraggiare ulteriori ricerche per capire se ci sia una effettiva correlazione tra i problemi di salute mentale dei giovani e l’uso dei social. Da uno studio interno della società madre di Facebook, Meta, è emerso che nel 14% delle adolescenti che usano Instagram i pensieri suicidi si sono intensificati, mentre il 17% delle ragazzine attive sul social ha affermato di aver notato  un peggioramento nei disturbi alimentari. Negli ultimi anni, però, sono state pubblicate diverse ricerche sull'argomento e i risultati sono stati poco coerenti e ricchi di sfumature, suggerendo come le piattaforme online possano avere un impatto sia positivo che negativo sul benessere dei giovani. I social media non vanno dunque stigmatizzati, ma studiati più a fondo: questi strumenti hanno innegabili aspetti positivi, come la possibilità di aiutare i giovani a connettersi con gli altri, a far parte di una comunità e ad esprimersi.

Nel documento sono però elencati anche gli aspetti negativi: i social sono luoghi pieni di contenuti «estremi, inappropriati e dannosi», inclusi quelli che possono far sembrare normali gli atti di autolesionismo, i disturbi alimentari e altri comportamenti autodistruttivi. Senza contare un fenomeno dilagante come il cyberbullismo. Inoltre, va ricordato che queste piattaforme hanno interessi economici e mirano a mantenere gli utenti online per più tempo possibile, utilizzando tecniche che spingono le persone a «comportamenti simili alla dipendenza». Per Vivek Murthy è necessario monitorare e approfondire quello che potrebbe diventare «un problema urgente di salute pubblica».



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