Rossella Nappini è stata uccisa a coltellate nell’androne del condominio di via Giuseppe Allievo, in zona Trionfale, a Roma, dove abitava con l’anziana madre. Ha gridato “Basta, basta, fermati”. Qualche vicino sostiene di aver sentito quelle urla, arrivando alla fine delle scale quando purtroppo era troppo tardi.
La Questura fa sapere in una nota che è stato fermato a Roma dalla polizia un uomo, 45 anni, di nazionalità marocchina. “Nella trascorsa notte, dopo ore di incessanti attività investigative - si legge nel comunicato -, i poliziotti della Squadra mobile capitolina, coordinati dalla Procura di Roma, hanno rintracciato un soggetto gravemente indiziato dell'omicidio. L'uomo, di nazionalità marocchina, del 1978, è stato sottoposto dal pubblico ministero al provvedimento del fermo di indiziato di delitto. La sua posizione al momento è al vaglio dell'Autorità Giudiziaria” conclude la Questura. L’uomo è stato trasferito nel carcere romano di Regina Coeli.
I primi a dare l’allarme sono stati alcuni condomini e alcuni ragazzi quando hanno visto il corpo della donna riverso in terra nell’androne del palazzo, con diverse ferite all’addome procurate da un’arma da taglio. Sarà l’autopsia a stabilire il numero di coltellate che l’hanno uccisa. Mentre la polizia sta scandagliando la zona attorno all’edificio a caccia dell’arma di cui l’omicida potrebbe essersi liberato subito dopo l’aggressione.
Di sicuro, chi l’ha uccisa la conosceva e l’omicidio non era a scopo di rapina, visto che la borsetta è stata ritrovata accanto a lei. La tesi più accreditata è che il movente sia stato passionale, innescato forse da un rifiuto presente o passato, e chi l’ha sorpresa all’ingresso del palazzo voleva probabilmente ucciderla.
Forse il suo aggressore aveva chiesto un ultimo incontro per chiarire, tendendole una trappola. O forse l’ha aspettata sotto casa, in attesa che tornasse dal lavoro. Al vaglio anche le telecamere di zona: quella di un bar, quella di una lavanderia e quelle di altri esercizi commerciali, un grande supermercato che si trova nei pressi del condominio.
Le indagini sono affidate al pubblico ministero Claudia Alberti, del pool di magistrati che si occupano dei reati contro la persona e delle violenze di genere.
L' aggressore ha fatto perdere le tracce senza correre, senza dare nell’occhio. Qualcuno ha visto uscire dal palazzo, compatibilmente con l’orario del delitto, un uomo che a passo normale si dirigeva verso i parcheggi di via Allievo.
Si stanno vagliando diverse posizioni di uomini che, a vario titolo e per diverse ragioni, avevano o avevano avuto rapporti con la vittima. Gli inquirenti li stanno ascoltando per capire se, per ciascuno, esiste o meno un “alibi” che ne escluda la presenza in via Allievo.
L’infermiera si era definitivamente separata dal padre dei suoi figli alcuni anni fa e la rottura non era stata indolore.
Un’amica della vittima ricorda quel periodo come “turbolento”, dove a prevalere era “l’aggressività” e non “la ragione”. Poi, nel 2017, stando anche a quanto la vittima pubblicava apertamente sul suo profilo social, una nuova relazione ma a commento di una foto dell’uomo scriveva: “Lo vedi che ti tocca fare per farti perdonare, sei troppo geloso, troppo impetuoso e non ragioni, apri la bocca prima di dargli fiato, questo non va affatto”.
La 52enne è la 78esima vittima di femminicidio dall’inizio dell’anno. Lavorava come infermiera all’ospedale San Filippo Neri di Roma. Rossella era separata, viveva con le sue due figlie, assieme alla madre anziana, nell’appartamento del palazzo in via Giuseppe Allievo, che fa parte del quadrante nord-ovest della Capitale.
Le voci dei colleghi: “Una barbarie”
“È stata uccisa una donna, ancora una volta. Questa donna era una nostra infermiera, lavorava all'ospedale San Filippo Neri. Era parte integrante della nostra comunità ed è doveroso che tutta la Asl Roma 1 si unisca simbolicamente nel cordoglio - insieme al commissario Quintavalle e alla Direzione Aziendale - e nella espressione di ferma condanna della violenza, in ogni sua forma”. Lo scrive sul profilo Facebook l'ospedale dove lavorava Rossella. “Un femminicidio - prosegue il post - non è mai solo un episodio di cronaca. Per questo non dobbiamo mai cedere alla banalizzazione di un simile dramma ma restare vicini a questa famiglia e a quella di tutte le vittime. Non esistono motivazioni reali per simili gesti, si tratta di una barbarie che dovrebbe farci riflettere e vergognare tutti”.