Festa del Cinema di Roma. RaMell Ross: Nickel boys.

Alice nella città. Film di apertura.

di EMILIANO BAGLIO 17/10/2024 ARTE E SPETTACOLO
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Lo ammettiamo, non abbiamo letto I ragazzi della Nickel, il romanzo di Colson Whitehead dal quale è tratto il film di RaMell Ross.

Magari l’opera si svilupperà sotto forma di un flusso di coscienza come l’Ulisse di Joyce; altrimenti non riusciamo a trovare altre spiegazioni alle scelte di regia di Ross.

Siamo negli Stati Uniti degli anni ‘60, l’epoca delle lotte per il riconoscimento dei diritti civili dei neri.

Elwood Curtis (Ethan Herisse) è un giovane promettente afroamericano che si sta recando alla scuola superiore e che accetterà un passaggio in auto dalla persona sbagliata; un ladro.

Finirà così alla Nickel Academy, un riformatorio, dove cercherà si sopravvivere alla dura vita quotidiana aiutato anche dall’amicizia stretta con Jack Turner (Brandon Wilson).

Il film parte proprio dall’infanzia di Elwood, passata insieme alla nonna Hattie (Aunjanue Ellis), venti minuti quasi completamente privi di dialoghi composti di sequenze brevissime, alle volte sotto il minuto.

Frammenti di vita che sembrano buttati a caso tra inquadrature sghembe e dettagli apparentemente insignificanti; un primo piano del protagonista che raccoglie una monetina, lui bambino che gioca con la nonna sotto le candide coperte, dettagli del ferro da stiro o di una fila di scarpe in un corridoio.

Ben presto si capisce il gioco; si tratta sostanzialmente di soggettive del protagonista.

Il problema è che il 90% del film è praticamente girato così, alternando soggettive e semi-soggetive.

Magari l’intento sarà stato quello di portare ad una totale identificazione con il protagonista; il risultato è che si capisce poco o nulla.

Le cose si complicano ancora di più quando entra in scena Jack, visto che i due punti di vista si sovrapporranno.

Non contento Ross ogni tanto infila immagini estranee alla vicenda; sequenze da La parete di fango (1958) di Stanley Kramer o della missione dell’Apollo 8; entrambe a fare da contrappunto alla storia alla quale stiamo assistendo, per analogia o metafora.

Ma non finisce qui, perché l’estro sperimentale del nostro intrepido autore trova sfogo in seuqneze oniriche o brevi inserti fatti da foto, cartoni animati e quant’altro, il tutto mentre il film procede inesorabile per più di due interminabili ore sempre tra soggettive e semi-soggettive.

Il caos raggiunge l’apice quando cominciano brevissimi frammenti in flash-forward che mostrano il futuro di uno dei due protagonisti o verso il finale quando il solito collage incomprensibile di brevi frammenti ci illustrano una sorta di possibile sviluppo alternativo.

Insomma RaMel Ross gioca a fare il regista “sperimentale” con esiti disastrosi per la pazienza dello spettatore.

Lasciamo perdere poi l’aspetto di denuncia, visto che i soprusi perpetrati nella Nickel Academy rimangono spesso sullo sfondo o fuori campo e vengono affrontati superficialemente o in maniera raffazzonata come tutto il resto.

EMILIANO BAGLIO


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