Il Tribunale per l'immigrazione di Roma non convalida il trasporto dei richiedenti asilo in Albania. "Devo tornare in Italia". Scontro tra Maggioranza e opposizioni

di redazione 18/10/2024 POLITICA
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I giudici della sezione immigrazione del tribunale di Roma hanno deciso: i dodici migranti portati in Albania devono tornare in Italia. Tutti e subito.

E questo nonostante le loro richieste di asilo siano state respinte dalle Commissioni territoriali. Due decisioni opposte, seppur su due materie di diversa competenza, che accendono lo scontro politico tra governo e opposizioni e soprattutto l’ira della maggioranza contro le toghe che hanno però applicato il diritto europeo.

Questa mattina i magistrati romani non hanno convalidato, come era pronosticabile, il trattenimento dei dodici richiedenti asilo provenienti da Egitto e Bangladesh, soccorsi nella notte del 13 ottobre dalla Guardia di finanza nelle acque internazionali della zona Sar italiana e trasferiti a bordo della nave Libra della Marina Militare fino al porto di Shengjin e dal lì al centro di detenzione di Gjader.

Il provvedimento era stato disposto per i dodici stranieri dalla questura della Capitale il 17 ottobre scorso: essi fanno parte dei sedici migranti (dieci provenienti dal Bangladesh e sei dall'Egitto), trasportati in Albania al Cpr albanese, dalla nave Libra della Marina militare italiana, approdati l'altroieri: la traversata di Adriatico e Ionio è durata due giorni ed è costata circa 20mila euro a migrante (i costi totali dell’operazione per lo Stato italiano si aggirano a quasi un miliardo in 5 anni).

Per i giudici, “il diniego della convalida dei trattenimenti nelle strutture ed aree albanesi, equiparate alle zone di frontiera o di transito italiane, è dovuto all' impossibilità di riconoscere come ‘Paesi sicuri’ gli Stati di provenienza delle persone trattenute, con la conseguenza dell'inapplicabilità della procedura di frontiera e, come previsto dal Protocollo, del trasferimento al di fuori del territorio albanese delle persone migranti, che hanno quindi diritto ad essere condotte in Italia”.

“I due Paesi da cui provengono i migranti, Bangladesh ed Egitto, non sono sicuri, anche alla luce della sentenza della Corte di giustizia”, sostiene, nella sua ordinanza, in sintesi, uno dei giudici della sezione immigrazione del tribunale di Roma - riferendosi ai migranti portati nel centro di Gjader - che non convalida il trattenimento di uno di loro. A quanto si apprende, il trattenimento di almeno quattro migranti non è stato convalidato. Per i giudici, lo stato di libertà potrà essere riacquisito solo in Italia e per questo dovranno essere riaccompagnati nel nostro Paese.

 
 

Stando a quanto previsto dalla sentenza della Corte di giustizia europea richiamata dall'ordinanza (risalente allo scorso 4 ottobre), un Paese, per essere considerato sicuro, in ogni sua parte e per ogni persona, non deve mettere in atto persecuzioni, discriminazioni o torture verso alcuno, in nessuna zona o suo territorio. L’Egitto, il Bangladesh e la Tunisia, applicando i criteri della sentenza, non sono considerati sicuri. Da ciò deriva l’inapplicabilità della procedura di frontiera. Di conseguenza, prevede il Protocollo, va messo in atto il trasferimento al di fuori del territorio albanese delle persone migranti, che hanno quindi diritto ad essere ricondotte in Italia.

Degli 85 salvati il 13 ottobre da quattro barconi, solo in 16 erano stati portati sull’imbarcazione della Marina da 13 posti; altri due, essendo minorenni, erano stati rimandati indietro appena arrivati al porto di Shengjin. Il monitoraggio delle vulnerabilità ne aveva esclusi altri due. Con la decisione di oggi del Tribunale di Roma, si arriva a un altro stop nel complesso iter di applicazione dell’Accordo Italia-Albania sui migranti.

La ragione è semplice ed era prevedibile perché è contenuta nella sentenza della Corte di giustizia europea emessa il 4 ottobre e cioè prima che i centri per i migranti aperti in Albania sotto la giurisdizione italiana aprissero. Dice quella sentenza che un Paese per essere considerato sicuro lo deve essere in ogni sua parte e per ogni persona: non possono esserci persecuzioni, discriminazioni o torture verso nessuno in nessuna zona di territorio. E l’Egitto e il Bangladesh, così come la Tunisia, applicando i criteri della sentenza, sicuri non lo sono.

 

A spiegarlo in maniera molto chiara è la presidente della sezione Luciana Sangiovanni in una nota stampa: "I trattenimenti non sono stati convalidati in applicazione dei principi, vincolanti per i giudici nazionali e per la stessa amministrazione, enunciati dalla recente pronuncia della Corte europea a seguito del rinvio pregiudiziale proposto dal giudice della Repubblica ceca. Il diniego della convalida dei trattenimenti nelle strutture ed aree albanesi equiparate alle zone di frontiera o di transito italiane è dovuto all’impossibilità di riconoscere come “paesi sicuri” gli Stati di provenienza delle persone trattenute, con la conseguenza dell’inapplicabilità della procedura di frontiera e, come previsto dal protocollo, del trasferimento al di fuori del territorio albanese delle persone migranti, che hanno quindi diritto ad essere condotte in Italia”.

Il rientro obbligato in Italia

I migranti nei centri oltre confine infatti non possono restare né possono essere lasciati liberi su territorio albanese. Anche il presidente Edi Rama lo ha ribadito nell’intervista rilasciata a Repubblica. Per cui i migranti dovranno salire nuovamente su una nave per essere riportati in Italia. Saranno imbarcati domattina su un mezzo della Guardia costiera, la Classe de Grazia, che da Shengjin li porterà al Cara di Bari.

Avranno poi 14 giorni di tempo da oggi per presentare ricorso contro la bocciatura della loro richiesta di asilo agli stessi giudici della sezione immigrazione che valuteranno caso per caso. Ma essendo i dinieghi viziati dalle procedure di frontiera ora inapplicabili è altamente probabile che le richieste di asilo verranno rivalutate secondo le procedure ordinarie che hanno tempi più lunghi.

E questo nonostante nel frattempo le Commissioni territoriali riunite ieri abbiano rigettato tutte le richieste di protezione internazionale, aprendo dunque la via al trasferimento dei dodici nel secondo girone della struttura detentiva: il Cpr da 144 posti (a oggi ne sono pronti 24).

"Le autorità italiano hanno quindi il dovere di riportare in Italia le persone trattenute e così consentire loro l'esercizio del diritto di asilo sul territorio italiano”, chiariscono gli avvocati Silvia Calderoni, Paolo Iafrate e Arturo Salerni che assistono un cittadino bengalese dei 12 rinchiusi a Gjader.

Il tentativo di accelerare il diniego all’asilo, pur consentito dalle procedure rapide ma mai così veloce, è stato, secondo i deputati delle opposizioni entrati nei centri di trattenimento e reclusione albanesi, una mossa per provare a complicare l’azione delle toghe.

Il fallimento dell’operazione Albania e l’ipotesi danno erariale

E a evitare forse che il primo viaggio della nave-hub Libra attraverso lo Ionio e l’Adriatico, durato due giorni e costato circa 20mila euro a migrante in un’operazione che in totale pesa sullo Stato italiano per quasi un miliardo in 5 anni, si rivelasse un completo fallimento. Degli 85 salvati in mare da quattro barconi solo in 16 erano stati portati sull’imbarcazione della Marina da 13 posti. Altri due, minorenni, erano stati rimandati indietro appena arrivati al porto di Shengjin. Il monitoraggio delle vulnerabilità ne aveva esclusi poi altri due. E oggi è arrivato il “no” al trattenimento degli ultimi dodici. I centri albanesi da mille posti operativi dal 13 ottobre potrebbero restare da stasera già vuoti. Per la segretaria del Partito democratico, Elly Schlein, si potrebbe profilare “un danno erariale” per lo spreco di denaro per un’iniziativa partita in salita. “Una costosissima presa in giro” per Carlo Calenda.

L’ira di Lega e Fratelli d’Italia

Il flop è invece colpa della magistratura secondo la maggioranza che ora si scaglia contro i giudici. "Assurdo! In aiuto della sinistra parlamentare arriva quella giudiziaria", si legge in un post sul profilo X di Fratelli d'Italia, in una grafica con una toga di colore rosso. "Alcuni magistrati politicizzati hanno deciso che non esistono Paesi sicuri di provenienza: impossibile trattenere chi entra illegalmente, vietato rimpatriare i clandestini - afferma ancora il messaggio sui social del partito della premier Giorgia Meloni -. Vorrebbero abolire i confini dell'Italia, non lo permetteremo".

Attacca anche la Lega: “L'ordinanza che non convalida il trattenimento degli immigrati in Albania è particolarmente inaccettabile e grave. I giudici pro-immigrati si candidino alle elezioni, ma sappiano che non ci faremo intimidire".

Storcono il naso anche le più alte cariche dello Stato come il presidente del Senato Ignazio La Russa: "Sono rimasto molto, molto stupito. Ma non voglio commentare la decisione dei giudici, perché lo stupore supera ogni commento".

A chiarire però la questione giuridica ci pensa il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia: "Sono giudici che applicano le norme volute dal nostro ordinamento e dall'ordinamento europeo di cui siamo parte integrante", e "l'ordinamento sovranazionale che considera l'Egitto e il Bangladesh tra i Paesi non sicuri prevale".

Mentre il Pd insiste: “Il piano è fallito, Meloni dovrebbe chiedere scusa”. Da +Europa Riccardo Magi aggiunge: “E Piantedosi dimettersi”.

 

Sull’intero protocollo Pd, M5s e Avs hanno chiesto all’Unione europea di aprire una procedura di infrazione giudicando “illegali” le misure previste dall’accordo Italia-Albania. Un’interrogazione che ha mandato su tutte le furie la presidente del Consiglio Giorgia Meloni che su X ha scritto: "Avete capito bene, alcuni partiti italiani stanno di fatto sollecitando l'Europa a sanzionare la propria Nazione e i propri cittadini, con il solo obiettivo di colpire politicamente questo governo. Una vergogna che non può passare inosservata".



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