Mareike Engelhardt: Rabia
Alice nella città. Fuori concorso.
La diciannovenne francese Jessica (Megan Northam), insieme all’amica Leila (Natacha Krief) si reca in Siria per unirsi a Daesh come moglie di un combattente.
All’inizio Rabia prevede una grande sospensione dell’incredulità. Ci si chiede se veramente le cose vadano così nelle case per future spose dei martiri di Daesh.
Nella struttura gestita da Madame (Lubna Azabal) le ragazze vestono all’occidentale, fumano di nascosto ed assistono tranquillamente ai fuochi d’artificio dai tetti dell’istituto.
Sembrerebbe un collegio femminile come tanti se non fosse per le suggestive inquadrature che ce le mostrano, ricoperte dal velo, mentre pregano.
Forse l’intento della regista Mareike Engelhardt è quello di mostrarci un luogo fuori dalla realtà ed infondo è proprio di questa illusione che si nutre Jessica.
Il suo piano è di diventare moglie di un martire insieme all’amica, dividendosi i compiti, una gestirà la casa, l’altra sarà la vera amante dell’uomo.
Il piano però si scontra con la realtà quando il promesso sposo muore con il risultato che, mentre Leila diviene sposa di un altra persona, Jessica rimane con Madame.
C’è anche qualcosa di perennemente non dette nell’amicizia tra le due ragazze, la suggestione di un possibile rapporto d’amore.
In ogni caso ben presto anche Jessica incontra un nuovo pretendente e qui scatta la ribellione.
È allora che Rabia si trasforma in qualcos’altro.
Più che un film sull’islam radicale e le sue conseguenze, il film assomiglia ad un trattato sul potere e sul rapporto vittima – carnefice in una sorta di nuovo Portiere di notte.
Quello che interessa la regista è esplorare il rapporto ambiguo che si sviluppa tra Jessica e Madame, la feroce scalata verso il potere attuata dalla ragazza che non si ferma dinnanzi a nulla sino a diventare il braccio destro della direttrice.
A parte il tragico momento della ribellione di Jessica, la realtà sembra rimanere fuori dalle mura di questo luogo.
La ragazza sembra quasi non accorgersi di quello che veramente le succede intorno e si radicalizza sempre di più.
Sino a quando l’esterno irrompe nuovamente nella sua vita nelle vesti dell’amica Leila, con figlio al seguito, in fuga dal suo destino di moglie vittima della violenza del marito.
Eppure neanche allora Jessica sembra voler aprire gli occhi.
Il suo è un rifiuto ostinato che cede solo sul finale quando attorno a sé non restano che macerie.
Rabia insomma è un film complesso e sfaccettato, che, come detto mette sul piatto diverse tematiche.
Il tutto è sorretto da una mano solida regia, capace di avvilupparci in questa atmosfera sospesa salvo poi scuoterci con improvvisi impeti di violenza.
Mareike Engelhardt è capace di inquadrature affascinati e di ottime intuizioni come quella di mostrare la guerra più attraverso i suoni che le immagini.
La speranza ora è che il film riesca a trovare una distribuzione regolare.
EMILIANO BAGLIO