Fu il tecnico più vincente del calcio europeo degli anni Trenta, ma questo non risparmiò a lui e ai suoi familiari lo stesso destino di altri sei milioni di ebrei. Da oggi a Bologna ci sono quattro pietre d'inciampo che ricordano Arpad Weisz, sua moglie e i suoi figli, morti ad Auschwitz. Al tecnico ungherese, Bologna ha già intitolato una curva dello stadio, ma nel Giorno della Memoria ha voluto rinsaldare questo ricordo con la pietra d'inciampo, le installazioni che, in tutta Europa, ricordano le vittime dello sterminio. Si trova in via Valeriani 39, a pochi passi da quello stadio che da poco meno di un secolo lega il suo destino a quello della squadra rossoblù. Terminata da giovane la carriera da calciatore, Arpad Weisz arrivò in Italia per cercare fortuna come allenatore e la trovò: a Milano, all'Ambrosiana-Inter, prima ebbe l'intuizione di far giocare titolare un ragazzino di 17 anni di nome Giuseppe Meazza, poi vinse lo scudetto, il terzo della storia nerazzurra. Ma è a Bologna che si consacrò come uno dei più grandi allenatori della sua epoca: in tre stagioni, dal 1935 al 1938arrivarono due scudetti e, nel '37, la Coppa dell'Expo di Parigi che metteva di fronte le vincitrici dei principali campionati europei, compresi, per la prima volta, anche i 'maestri 'inglesi: un trofeo che all'epoca aveva un valore non troppo diverso dalla Champions League. Quel Bologna passò alla storia come lo "squadrone che tremare il mondo fa". Poi, nel 1938, furono approvate le leggi razziali e l'avventura di Arpad Weisz in serie A terminò: insieme alla famiglia trovò rifugio prima in Francia, poi in Olanda da dove, però, salì su un treno per Auschwitz dal quale non fece più ritorno. La moglie Elena e i figli Roberto e Clara, furono uccisi in camera a gas nel 1942, l'allenatore morì di stenti dueanni più tardi, all'età di 47 anni. La sua vicenda è caduta per molti anni nell'oblio, poi è stata riscoperta grazie a un libro di Matteo Marani e la sua figura ha ottenuto i ricordi che meritava. "Commemoriamo una delle persone tra le più vincenti dellastoria del Bologna e tra i più grandi allenatori e innovatori -ha detto l'ad del Bologna, Claudio Fenucci - Fu vittima della tragedia come tantissimi ebrei e abbiamo l'obbligo di lavorare, non solo nel Giorno della memoria, per abbattere qualunque muro ed evitare nuove tragedie: lo sport unisce e deve eliminare forme di discriminazione e noi dobbiamo avere un ruolo di educatori".