La Toscana è la prima Regione ad avere una legge di iniziativa popolare sul suicidio medicalmente assistito. Il Consiglio regionale ha approvato la norma sul fine vita che attua, dopo la raccolta di 10.000 firme promossa dall'associazione Luca Coscioni e alcune modifiche volute dalla maggioranza, la sentenza della Corte Costituzionale del 2019. Il testo è stato approvato con 27 voti a favore dei consiglieri Pd, Italia Viva e Cinque Stelle. 13 i voti contrari del centrodestra, nessun astenuto e un solo consigliere non si è espresso.
"Quando vi sono state richieste di pazienti, sono intervenuti i direttori generali delle tre Aziende sanitarie, ognuno con modalità diverse. Adesso - ha detto il presidente della commissione Sanità, Enrico Sostegni (Pd) ricordando che le Regioni hanno una potestà legislativa concorrente sulla materia della salute - stabiliamo una procedura omogenea su tutta la regione, garantendo un'assistenza sanitaria uniforme".
La legge fissa in 20 giorni (entro cui il Comitato per l'etica nella clinica ha sette giorni per esprime il proprio parere) il tempo utile massimo per stabilire se ci siano o meno i requisiti per l'accesso al suicidio assistito secondo i requisiti fissati dalla sentenza della Consulta: "una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente".
Ad esito positivo, entro altri 10 giorni verranno definite le modalità con cui si concretizzerà il suicidio assistito, come la scelta del farmaco. Passati questi 30 giorni complessivi (e massimi) la norma garantisce, entro sette giorni e con il supporto del sistema sanitario regionale, la procedura.
"Chiediamo al Governo di impugnare immediatamente la legge toscana con un ricorso in Corte Costituzionale per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato", così commenta Antonio Brandi, presidente di Pro Vita & Famiglia, da sempre contrari suicidio medicalmente assistito.
La Corte Costituzionale ha sollecitato un intervento legislativo del Parlamento in materia, tutt'ora assente, e alla fine tramite due sentenze (una del 2019 e una seconda più recente, la 135 del 2024) ha fatto un intervento di tipo manipolativo additivo, per cui sono stati enucleati i requisiti in possesso dei quali si può procedere al suicidio medicalmente assistito. Attualmente quindi in Italia quando i malati si sono rivolti ai tribunali il procedimento è stato autorizzato in virtù delle sentenze della Corte Costituzionale, e le singole Aziende sanitarie, che hanno l'obbligo di ottemperare, si sono mosse in autonomia.
"È una legge di civiltà perche' impedisce il ripetersi di casi - da ultimo quello di Gloria, proprio in Toscana - di persone che hanno dovuto attendere una risposta per mesi, o addirittura per anni, in una condizione di sofferenza insopportabile e irreversibile", ha sottolineato Filomena Gallo, avvocata e segretaria dell'Associazione Luca Coscioni.
Una donna affetta da sclerosi multipla progressiva da oltre 30 anni è morta nelle scorse settimane a casa sua, nella località dove viveva, in Lombardia, a seguito dell'auto -somministrazione di un farmaco letale fornito dal Servizio sanitario nazionale, insieme alla strumentazione necessaria.
Il farmaco e la strumentazione sono stati forniti dal Servizio sanitario, dopo 9 mesi dalla richiesta. Si tratta del sesto caso in Italia.
La notizia, anticipata stamani dal Corriere della Sera è così spiegata da Filomena Gallo e Marco Cappato, segretaria nazionale e tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni: "Regione Lombardia ha fornito l'aiuto medico per la morte volontaria perché era suo dovere farlo. Si conferma così nei fatti ciò che avevamo sostenuto anche in occasione dell'irresponsabile decisione del Consiglio regionale di dichiararsi incompetente in materia".
La donna, a causa della malattia, era paralizzata e costretta a una condizione di totale dipendenza e necessità di assistenza continuativa e il suo è il primo caso in Lombardia.
"La mia breve vita è stata intensa e felice, l'ho amata all'infinito e il mio gesto di porre fine non ha significato che non l'amassi - ha scritto nell'ultimo messaggio la donna. Dopo aver atteso 9 mesi dalla sua richiesta, la 50enne è stata la sesta persona in Italia (la quinta seguita dall'Associazione Luca Coscioni) ad aver completato la procedura prevista dalla Consulta con la sentenza 242/2019 sul caso 'Cappato/Antoniani', con l'assistenza diretta del Servizio sanitario nazionale che ha fornito il farmaco e ogni strumentazione necessaria.
La paziente aveva inviato la richiesta di verifica delle sue condizioni ad inizio maggio 2024. L'azienda sanitaria a fine luglio 2024, dopo l'acquisizione del parere del comitato etico, le ha comunicato il possesso dei requisiti stabiliti dalla Corte con la sentenza Cappato (capacità di prendere decisioni libere e consapevoli, patologia irreversibile, sofferenze fisiche o psicologiche ritenute intollerabili dal richiedente, dipendenza da trattamenti di sostegno vitale).
Ha potuto così procedere con l'auto-somministrazione del farmaco letale nel gennaio scorso, nella propria abitazione, assistita dal dottor Mario Riccio e circondata dai suoi cari, come spiega l'Associazione.
Gallo e Cappato, sottolineano che "se fosse stata in vigore la nostra legge di iniziativa popolare 'Liberi subito', Serena avrebbe potuto seguire una procedura chiara e definita invece di dover affrontare, insieme al personale sanitario, una corsa a ostacoli durata 9 mesi. Chiediamo al presidente Fontana di tornare sulla materia, riesaminando il contenuto della nostra legge e emanare un atto di Giunta, come preannunciato dal presidente Zaia in Veneto".