September 5

Tim Fehlbaum costruisce un'ode al montaggio rievocando la storica diretta televisiva dell'attacco terroristico delle Olimpiadi di Monaco del 1972.

di EMILIANO BAGLIO 19/02/2025 ARTE E SPETTACOLO
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Il 5 settembre 1972, durante le Olimpiadi di Monaco, un gruppo di terroristi palestinesi fece irruzione nel villaggio olimpico prendendo in ostaggio gli atleti della delegazione israeliana.

La cronaca di quel giorno è già stata rievocata da Kevin Macdonald in Un giorno a Settembre (1999), mentre Steven Spielberg in Munich (2005) ha raccontato la successiva caccia ai terroristi durata anni.

Tim Fehlbaum nel suo September 5 invece si concentra solo ed esclusivamente sulla diretta televisiva realizzata allora dalla ABC.

Tutto il resto passa in secondo piano, a cominciare dalle eventuali analisi storico politiche.

Anche i dubbi etici riguardo la stessa messa in onda, vengono risolti brevemente all’insegna de “lo spettacolo deve andare avanti”.

Il centro dell’interesse è verso il manipolo di giornalisti che si ritrovò ad essere testimone di quei fatti e la realizzazione di quella che fu la prima diretta della storia televisiva di un attentato terroristico e che venne seguita da milioni di persone in tutto il mondo.

Il risultato finale è un vero e proprio thriller nel quale la tensione ed il ritmo non calano mai, il che non è poco, considerando che tutti noi sappiamo come andarono a finire le cose.

September 5 è una vera e propria ode alla creazione di immagini in movimento e poco importa se esse prendano poi la forma di un film o di una trasmissione televisiva.

La meravigliosa sequenza iniziale illustra alla perfezione quale sia il focus dell’opera e l’interesse del regista.

Vediamo la troupe televisiva, all’interno della cabina di regia, intenta a riprendere in diretta una gara di nuoto.

Il regista della trasmissione cambia freneticamente le inquadrature, saltando da una telecamera all’altra, scegliendo di volta in volta su cosa concentrare l’attenzione e su quale angolazione scegliere.

Una vera e propria celebrazione del montaggio che però, mentre nella realizzazione di un film viene fatto a posteriori, operando su un supporto esterno; qui deve essere realizzato nel momento stesso in cui l’evento va in onda, all’interno quindi dell’immagine stessa privilegiando di volta in volta questa o quella telecamera e dunque scegliendo, sul momento, il punto di vista dal quale mostrare gli avvenimenti.

Più tardi nel film vedremo la montatrice della trasmissione all’opera sulle pizze 16 millimetri portate dall’operatore che sceglie, insieme al regista della trasmissione, l’immagine con la quale aprire la diretta e che opera direttamente sulle bobine, manualmente, per creare l’effetto del rallenty.

Tim Fehlbaum non esce mai dalle poche stanze in cui venne realizzata quella diretta; le poche immagini esterne sono quelle che vediamo sui monitor della stanza di regia.

La sua attenzione è tutta concentrata sulle persone che realizzarono quella pagina di storia e sulle difficoltà tecniche che dovettero affrontare e sugli stratagemmi messi in atto per superarle.

Così uno dei membri della troupe viene fatto mascherare da atleta in modo tale che possa entrare nel villaggio olimpico e fare da vero e proprio runner trasportando le pizze alla telecamera presente sul posto.

Un’impresa che viene narrata quasi fossimo (e forse lo siamo) in un film di guerra dove il soldato deve infiltrarsi dietro le linee nemiche.

Tra i vari problemi ci fu anche quello relativo alla scarsità di satelliti disponibili per la messa in onda tanto che la ABC dovette “rubarli” alla rivale CBS.

Come sempre in questi casi poi, anche la fortuna ebbe la sua parte e volle che quel giorno fosse presente un’interprete dal tedesco all’inglese; sarà proprio lei a tradurre le trasmissioni della polizia, captate grazie ad un abile modifica della radio.

Insomma September 5 illustra nel dettaglio come avvenne quella trasmissione ma soprattutto celebra la capacità di produrre immagini, il lavoro tecnico che c’è dietro di essa ed infine l’importanza del montaggio e forse, implicitamente, ci ricorda quanto sia importante avere un proprio punto di vista.

EMILIANO BAGLIO


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