Mickey 17
Il nuovo film di fantascienza di Bong Joon-ho in cui il regista si limita ad auto riciclarsi svogliatamente.

Mickey Barnes (Robert Pattinson) ed il suo amico Timo (Steven Yeun), in fuga da uno strozzino russo si imbarcano su di un’astronave diretta verso il pianeta Niflheim.
A capitanarla il politico fallito Kenneth Marshall (Mark Ruffalo) e la moglie Ylfa (Toni Collette) la cui unica caratterizzazione è la passione per le salse.
Non sapendo fare nulla Mickey si candica come sacrificabile.
Sostanzialmente verrà affidato alle missioni più pericolose ese morirà il suo corpo verrà ristampato in 3D mentre la sua memoria verrà trasferita ogni volta nel nuovo involucro.
Il problema è che un bel giorno il clone 17, dato per spacciato, si ripresenta e si trova a fare i conti con la sua copia numero 18.
In Mickey 17 sono presenti molte delle tematiche del cinema di Bong Joon-ho.
La religione come oppio dei popoli, l’arroganza degli umani rispetto a qualsiasi altra forma di vita, l’anelito ecologista, la satira sulla “lotta di classe” e così via.
Concetti che il regista sottolinea con un grosso evidenziatore giallo affinché siano chiari a tutti.
L’impressione generale è che stavolta Bong Joon-ho si sia limitato ad auto riciclarsi senza particolare entusiasmo.
Finché assistiamo alle varie morti del nostro eroe il gioco regge pure e ci si diverte anche, poi però arriva il peggio.
L’umorismo, che non è proprio il punto forte dell’autore coreano, è di grana grossa e rozza e sembra quasi di assistere ad una commedia scollacciata a metà strada tra Porky’s ed un Vacanze di Natale qualunque.
Quello che però sconcerta è la totale assenza di ritmo del film.
In Mickey 17 le scene sono stiracchiate oltre ogni limite e spesso si finisce per annoiarsi.
In più il film si perde in mille sotto trame nessuna delle quali è sviluppata adeguatamente.
Ritorna la presenza di una droga sintetica, spacciata da Timo, che ricorda quella di Snowpiercer, mentre gli abitanti del pianeta sono un incrocio tra Okja e quelli di Nausicaä di Miyazaki.
C’è addirittura un attentato ai danni di Marshall, nel quale il politico viene sfiorato da un proiettile, che è la copia di quello a Trump qualora a qualcuno fosse sfuggito il riferimento.
Ed ancora un gruppo di ribelli e persino la storia di un clone assassino di barboni che risulta più interessante del film che stiamo vedendo.
Tanta abbondanza sprecata, verrebbe da dire, mentre la storia principale presenta dei difetti notevoli.
Anche i vari personaggi, infatti, sono appena accennati; ridotti a semplici ruoli da indossare e privi di una psicologia sviluppata dignitosamente con particolar riguardo alle figure femminili prima tra tutte quella di Nasha (Naomi Ackie), la donna amata dal protagonista.
Per carità, un passo falso può capitare a tutti.
Speriamo solo che Bong Joon-ho, in futuro, trovi progetti ai quali appassionarsi veramente invece di limitarsi a stanchi compitini ai limiti della sufficienza.
EMILIANO BAGLIO
