Dazi. Le borse bruciano diecimila miliardi in tre giorni. Bruxelles "Pronti alle contromisure"

di redazione 07/04/2025 ECONOMIA E WELFARE
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Le speranze di un'inversione di tendenza sui mercati mondiali, affossati giovedì e venerdì dall'introduzione dei dazi voluti dal presidente statunitense Trump, non si sono concretizzate.

Anzi le Borse hanno passato una terza giornata consecutiva di panico, pur con un progressivo tentativo da parte di Wall Street e soprattutto dei titoli tecnologici di limitare i danni. Che comunque sono enormi: in tre giorni di 'sell off' i soli mercati finanziari hanno bruciato quasi 10mila miliardi di dollari, 9.500 secondo i calcoli di Bloomberg. E i 'caduti' anche nella prima giornata della settimana sono tanti. Hanno iniziato le Borse asiatiche a far capire che il clima non era certo quello del rimbalzo, con il crollo a due cifre (-13%) per Hong Kong. Pesantissimi anche i listini di Tokyo, Shanghai e Shenzhen, che hanno ceduto il 7% abbondante.

Wall Street chiude contrastata dopo che Donald Trump ha escluso pause dei dazi. Il Dow Jones perde lo 0,91% a 37.965,60 punti, il Nasdaq guadagna lo 0,10% a 15.603,26 punti mentre lo S&P 500 lascia sul terreno lo 0,23% a 5062,25 punti.

"I dazi potrebbero essere permanenti ma potrebbero anche esserci negoziati", ha detto in serata Trump, tenendo aperte le due ipotesi nella sua guerra commerciale.


    Molto male inoltre i mercati azionari del Vecchio continente: le Borse peggiori sono state quelle di Milano e Madrid, che hanno chiuso con un ribasso del 5,1%, seguite da Parigi e Amsterdam in calo del 4,7%, mentre Londra ha ceduto il 4,4% e Francoforte ha perso quattro punti. Alla fine della giornata le Borse europee hanno bruciato 683 miliardi di euro, con un saldo complessivo in tre giorni di perdite per 1.924 miliardi.

    Molto breve è stata l'illusione di metà pomeriggio su una possibile pausa di 90 giorni sui dazi, fatta eccezione per la Cina, che sarebbe all'esame di Donald Trump: l'ipotesi è stata attribuita al consigliere economico della Casa Bianca, Kevin Hassett, ma poco dopo la stessa Casa Bianca ha definito la ricostruzione una 'fake news'. Gli operatori finanziari comunque ci avevano creduto poco, accennando solo una limatura delle perdite per poi tornare su pesanti cali.


    A credere che la crisi sia pericolosa sembra vi siano invece i dirigenti di alcune delle più grandi banche del mondo, che secondo Sky News hanno avuto una 'call' sugli effetti dei dazi sui mercati finanziari e sull'impatto per l'economia globale. Vi avrebbero partecipato i responsabili di istituti di credito tra i quali Bank of America, Barclays, Citi e Hsbc Holdings, per discutere del caos in corso.

 

    Importante anche un'analisi di Goldman Sachs, che si aspetta "un'accelerazione significativa" della Cina sulle misure di allentamento fiscale per compensare le nuove difficoltà alla crescita emerse con i dazi aggiuntivi Usa. La banca d'affari ipotizza un impatto di "almeno lo 0,7%" in meno sul Prodotto interno lordo di Pechino per il 2025. "Prima dei dazi, la crescita stava procedendo al di sopra delle nostre previsioni e stavamo contemplando una revisione al rialzo delle aspettative sul Pil per quest'anno", aggiunge Goldman Sachs.


    In questo contesto lo spread tra Btp e Bund tedeschi a 10 anni è rimasto abbastanza calmo sui 125 punti base, anche se nel finale di seduta è partita una corrente di forte rialzo dei rendimenti di tutti i titoli di Stato europei, specie del Regno Unito, saliti di 16 'basis point'. Il prodotto del Tesoro ha chiuso al 3,86%, con un aumento di quasi dieci punti base.


    L'euro ha tenuto quota 1,09 contro il dollaro, deboli le criptovalute con il Bitcoin in calo di circa il 5% sotto gli 80mila dollari. Forte nervosismo anche sui listini dell'energia: il petrolio a New York è sceso anche al di sotto dei 60 dollari, ai livelli minimi degli ultimi quattro anni, per poi muoversi di poco sopra questa soglia psicologica. Il gas ad Amsterdam ha invece chiuso in leggero rialzo (+1% a 37 euro al Megawattora) una giornata passata quasi tutta in calo. 

L'UNIONE EUROPEA

La prima riunione dei ministri dei 27 sui dazi imposti da Donald Trump rilancia una "inaspettata" unità dei Paesi membri dell'Ue. La linea preferenziale resta quella del negoziato. Anzi, un'offerta è già sul tavolo della Casa Bianca: applicare, reciprocamente, zero tariffe sui beni industriali. E' un'offerta avanzata ben prima del 2 aprile, finora invano. Ed è qui che subentra l'altra faccia della strategia Ue: il via libera ai primi controdazi, che scatteranno il 15 aprile. 

La riunione del Consiglio Commercio è servita innanzitutto a delineare l'immagine di un'Europa compatta, fiduciosa dei suoi mezzi, consapevole che i dazi, per Trump, rischiano di essere un autogol. Un primo risultato concreto è stato raggiunto: il via libera politico alla lista dei controdazi decisa dalla Commissione il 12 marzo, come risposta alle tariffe americane su acciaio e alluminio. La lista viene spaccata in due tranche: una prima, minoritaria entrerà in vigore il 15 aprile. Una seconda, più corposa, sarà operativa il 15 maggio. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani, volato a Lussemburgo proprio per la delicatezza del dossier, ha tentato la carta del rinvio. Ma per la stragrande maggioranza dei 27 e per Palazzo Berlaymont, il dato ormai è tratto. "Un rinvio è impossibile", ha sottolineato il commissario Ue al Commercio Maros Sefcovic. I dazi, a quanto prevede il documento della Commissione visionato dall'ANSA, arriveranno fino al 25%, con alcune categorie di prodotti colpite solo al 10%. Salvo, come richiesto da Roma, il bourbon americano. Da qui al 15 maggio, tuttavia, c'è un'eternità. Ed è in questo lasso di tempo che Bruxelles cercherà una soluzione negoziale. 

"Abbiamo offerto tariffe zero per zero per i beni industriali, come abbiamo fatto con successo con molti altri partner commerciali, perché l'Europa è sempre pronta per un buon affare", ha annunciato la presidente della Commissione Ursula von der Leyen. La mossa di Bruxelles concerne innanzitutto sei settori: auto, farmaceutica, chimica, plastica, gomma, macchinari. Ed è una mano che resta tesa, sebbene finora Washington non l'abbia voluta stringere. L'offerta, rivoluzionerebbe il mercato Ue-Usa andando a resuscitare il Ttip (Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti) finito nel cassetto nel 2016 dopo lunghe polemiche. Il sostegno dei 27, almeno in queste prime battute, sembrerebbe esserci, Italia inclusa. "L'ideale sarebbe zero tariffe. La via intermedia potrebbe essere la riduzione dei tassi del 10% da parte Usa", ha spiegato il titolare della Farnesina. Le parole di Sefcovic, capo negoziatore per l'Ue, sono state misurate, ma ferme. Lo slovacco ha rilevato di non vedere "l'impegno reale" degli americani a trattare e ha allo stesso tempo spiegato che, prima o poi, l'amministrazione Trump si siederà al tavolo.

Nel corso della riunione ha ringraziato Tajani per il sostegno dell'Italia alla Commissione. Anche perché, a Palazzo Berlymont, la pensano un po' come a Berlino. "Negoziare da soli sui dazi non giova a nulla", ha scandito il ministro dell'Economia Robert Habeck. Proprio la Germania, assieme alla Francia, è destinata a guidare la fronda dei falchi anti-Usa. "Gli Usa rischiano la recessione, non resisteranno a lungo", ha avvertito Habeck tacciando come "ridicole" le parole di Elon Musk sui zero dazi reciproci: "Lo deve dire al suo presidente". "Non escludiamo risposte aggressive", ha invece sottolineato il rappresentante del governo francese, Laurent Saint-Martin. Berlino e Parigi vorrebbero già lavorare sul bazooka dello strumento anti-coercizione e sulle misure anti-Big Tech. Misure che Paesi come l'Italia, in questo momento, non voterebbero. "In questa fase preferiamo negoziare", ha frenato Sefcovic. Nel frattempo la Commissione corre ai ripari per proteggere il mercato Ue e mette in campo una task force di sorveglianza delle importazioni per parare gli effetti indiretti dei dazi. La sensazione, a Palazzo Berlaymont, è che non ci sarà un ritorno al mondo di prima. La compattezza europea è necessaria. E forse non è un'utopia. "A porte chiuse - osservava il rappresentante della presidenza polacca Michal Baranowski - si vede più unità di quando i politici parlando ai propri elettori".



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