Cambiamenti climatici. E' l'ora delle decisioni politiche.

In vista dei negoziati sul clima della Conferenza di Parigi Cop 21, il WMO pubblica l'ultimo bollettino sui gas serra.

di Giulia Di Trinca 12/11/2015 AMBIENTE
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Era il 1995 quando per la prima volta, l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) parlò, nel suo secondo rapporto sul clima, di processo irreversibile in atto. Oggi il World Metereological Organization (WMO) informa che, l’aumento del forcing radiativo ovvero l’effetto del riscaldamento sul clima, è aumentato del 36% tra il 1990 ed il 2014, a causa di gas serra persistenti come l’anidride carbonica, il metano ed il protossido di azoto e delle attività industriali, domestiche ed agricole.

La concentrazione media globale di anidride carbonica ha invece raggiunto, nella primavera del 2015, il livello di 400 parti per milione (ppm), una soglia troppo alta per un gas che spiega Michel Jarraud, il segretario generale di WMO, rimane nell’atmosfera centinaia di anni e nel mare ancora più a lungo, ciò  “significa temperature globali più calde, eventi meteorologici più estremi come ondate di calore e inondazioni, scioglimento dei ghiacci, l'innalzamento del livello del mare e una maggiore acidità degli oceani.” 

“Questo sta accadendo ora – avverte Jarraud –  e ci stiamo muovendo in un territorio inesplorato a una velocità spaventosa".

Il bollettino di WMO, precede i negoziati sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite previsti a Parigi dal 30 novembre all’ 11 dicembre del 2015, un evento di cruciale importanza visto che ci si prefigge di stipulare un accordo giuridicamente vincolante, che limiti il riscaldamento globale a 2°C ed addirittura riduca la temperatura di 1,5 °C.

Ma non sarà facile trovare un’intesa se si considera, come spiega in una nota Greenpeace, che le proiezioni riguardo i piani nazionali sul clima di 155 tra i paesi partecipanti, presi nel loro complesso riescono a mantenere il riscaldamento globale sotto i 2°C, ma singolarmente non sono sufficienti a tenersi sotto quella soglia, tantomeno ad abbassare la temperatura di 1,5°C.

Riguardo i negoziati di Parigi Christiana Figueres, segretario esecutivo dell'UNFCCC  (United Nations Framework Convention on Climate Change) ha detto: "Questo è probabilmente il compito più difficile che ci siamo mai dati, trasformare intenzionalmente il modello di sviluppo economico, per la prima volta nella storia umana".

Sembra in effetti, che molti fattori confluiscano verso un vero cambiamento di rotta, a partire dalla presa di posizione ecologica dei leader religiosi islamico, buddista e cristiano e dalle decisioni del presidente Barak Obama di bloccare le trivellazioni in Alaska e la costruzione dell’oleodotto Keystone, che avrebbe dovuto importare petrolio dal Canada, fino ad arrivare all’accordo del novembre scorso tra Cina e Stati Uniti sulla decarbonizzazione, obiettivo che si sono prefissi anche i paesi del G7.

Eppure continuano le trivellazioni tradizionali e quelle con nuove tecniche altamente inquinanti come il fracking, le fonti rinnovabili a livello globale crescono ma a ritmi non in grado di rimpiazzare le fonti fossili, per non parlare delle deforestazioni, degli incendi che distruggono ettari di vegetazione per lasciare spazio a piantagioni di palma da olio. Iniziative divergenti rispetto aa quell’inversione di tendenza che pure molti degli stati partecipanti ai negoziati di Parigi, auspicano, almeno a parole.

 Con questi presupposti si potrà veramente concretizzare un mutamento radicale, capace di sostituire le vecchie politiche energetiche e soprattutto il modello economico che le promuove? La società civile, purtroppo esclusa da decisioni cruciali come queste, lo sta intanto chiedendo con sempre maggiore forza e consapevolezza.

 

 


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