Parigi sotto attacco. Un commando di terroristi fa 132 morti e 350 feriti. Isis rivendica.
Venerdì sera, Parigi è attraversata da migliaia di uomini e donne che si preparano alla prima notte del fine settimana. I caffè, i ristoranti, i cinema, allo Stade de France si gioca l’amichevole Francia Germania, come sempre la capitale francese offre una varietà di svago, di socialità, di possibilità per chi vuole divertirsi, passare una serata con gli amici, gioire. Molti cenano all’aperto, l’autunno non è ancora rigido. Tutto sembra abituale, normale, ma non è così. Alcuni uomini, pochissimi, ma tant’è, un commando di non più di dieci, si è insinuato nella vita parigina di questo venerdì sera. Sono terroristi, kamikaze, invasati, "abtituati" all’odio, ma come si fa a riconoscerli? Come fanno le persone sedute ai tavolini del ristorante cambogiano, fra i quali si scatena la sparatoria, come fanno i ragazzi al Bataclan, storica music hall parigina, all’interno della quale è l’inferno, come fanno le migliaia di persone confluite a Saint Denis, nella zona della Stade de France, come fanno a riconoscere i terroristi? E magari riuscire a bloccarli prima che si scateni l’orrore?
Poco dopo le 22 comincia la carneficina. Un kamikaze fuori lo stadio, e i terroristi con granate e armi in mano riescono nella follia di uccidere almeno 120 persone che mai, mai avrebbero solo immaginato che vivere normalmente, uscire di casa, cenare fuori, godere di un concerto o di una partita, possa equivalere alla propria condanna a morte.
Così all’alba si contano le vittime, 120, i feriti, oltre 200, di quello che al momento risulta una delle stragi terroristiche più gravi mai avvenute in Europa. Si pensa subito all’Isis e su Twitter non tardano le rivendicazioni dell’autoproclamato stato islamico.
“La Francia manda i suoi aerei in Siria, bombarda uccidendo i bambini, oggi beve dalla stessa coppa": è il canale Dabiq France (la rivista francese dello Stato islamico). Tra le rivendicazioni una ancora più agghiacciante per noi: “tocca a Roma, Londra e Washington”.
“Non dimenticheranno mai questo giorno, così come gli americani l'11 settembre".
Il livello di sicurezza e dei controlli sale in ogni paese europeo, mentre uno sgomento e impaurito Francois Hollande poco prima della mezzanotte in diretta alle telecamere dice ai francesi che “si è entrati in guerra, che verranno diminuite le libertà costituzionali e chiuse le frontiere”.
Ora si discuterà se sono queste le contromisure adatte contro uomini che nel perfetto anonimato riescono ad insinuarsi nella vita di una città e aprire il fuoco contro inermi. Questa la strategia o creare una coalizione internazionale e andare in Siria e Iraq a mettere fine alla follia dello stato islamico? Ha ragione Putin e la Russia? Ha ragione Obama che finora ha mantenuto un profilo basso, esito dell’incertezza se aiutare il dittatore Assad contro l’Isis? Si vedrà. Si capirà, da domani.
Oggi ciò che prevale è, ahinoi, il senso del terrore che simili atti vigliacchi instillano nei nostri cuori e nelle nostre menti. L’incapacità di nazioni forti come la Francia di evitare la carneficina quando questa colpisce con le fattezze del terrorismo. Colpisce l’incapacità dell’intelligence internazionale di segnalare preventivamente la concretezza del pericolo. Ma colpisce anche la dignità del popolo francese e di quei cittadini che uscendo dallo Stadio cantano orgogliosamente la Marsigliese, o degli abitanti del X e XI arrondissement che quando ancora esplodono i colpi dei kalashnikov e le granate squarciano il buio, aprono le porte dei palazzi, delle case, delle finestre per accogliere gli sventurati.
È il momento del silenzio, della riflessione, della preghiera per chi ne sente il bisogno, ma può essere nell’immane tragedia il momento di capire definitivamente come affrontare questo attacco subdolo e vigliacco. Farlo è da oggi più che mai un dovere, farlo mai retrocedendo dal senso di appartenenza all’umanità, dalle conquiste delle democrazie, dalla forza dei nostri valori.
Libertà.Uguaglianza. Fraternità.