Conferenza di Parigi. La Cop 21 mette fine all'era dei combustibili fossili? ll documento finale
Se la Conferenza di Parigi, Cop 21, sarà un punto di svolta per la sensibilità ambientale e nei rapporti mondiali per la tutela dell’ambiente lo si capirà solo fra qualche anno, per il momento, rimanendo all’attualità, era fondamentale prima di tutto, trovare un accordo che mettesse tutti i delegati, quasi 200, ossia quasi tutte le nazioni, più o meno sullo stesso piano. Perché quando si parla di ambiente e di salvaguardia del pianeta la questione decisiva, che talvolta sembra sfuggire anche a quanti si occupano quotidianamente del tema, è esattamente quella del dislivello, notevole, che esiste fra le nazioni del globo in fatto di sviluppo e progresso.
Dovrebbe essere questa nei fatti la vera questione in tema di ambiente.
Vediamo come si sono salutati i delegati di Parigi. Le aspettative era molte ma come sempre in questi casi si vola altissimo per poi alzarsi da terra di qualche centimetro, quesot perché in una conferenza sull’ambiente, non può che uscire un documento di compromesso, troppi e differenti e contrastanti gli interessi in gioco.
Come per Kyoto, fino a Copenhagen i provvedimenti adottati hanno segnalato un’evoluzione lenta, certamente più lenta di quanto incalzino i cambiamenti climatici
Due i dati di carattere generale preminenti che si sono registrati nelle due settimane dei lavori. Il primo è stato l’ormai quasi globale consapevolezza che i combustibili fossili hanno fatto il loro tempo, (finanche Cina, India e addirittura l’Arabia Saudita non hanno mostrato in tal senso opposizione preconcetta), pensando agli interessi che vi ruotano ancora attorno non è poco. Secondo, la grande partecipazione, praticamente di quasi tutte le nazioni che hanno contribuito alla stesura degli atti finali, un impegno forse mai visto prima.
Questi i punti più rilevanti:
• Contenere e mantenere l’aumento di temperatura inferiore ai 2 gradi, e compiere sforzi per mantenerlo entro 1,5 gradi centigradi.
• Versare 100 miliardi di dollari ogni anno ai paesi più poveri per aiutarli a sviluppare fonti di energia meno inquinanti.
• contenere le emissioni di gas serra e raggiungere nella seconda parte del secolo l’obiettivo di emissioni “naturalmente smaltibili”.
• Controllare i progressi compiuti ogni cinque anni, tramite nuove Conferenze.
Da notare che per alcuni di questi punti e per altri presenti nel documento, non sono previsti purtroppo vincoli obbligatori, né sanzioni, il che rende un po’ più debole l’accordo finale.
Per ciò che concerne le emissioni il caso dell’Europa prevede una veloce revisione dei parametri, con il taglio del 50% delle emissioni, invece del 30, previsto entro la metà del secolo, obiettivo al momento poco realistico.
In ogni caso con la Conferenza di Parigi, almeno sulla carta, sembra giunta l’ora dei combustibili fossili, destinati entro la fine del secolo ad essere quasi totalmente soppiantati. Si prevedono miliardi di dollari investiti nelle rinnovabili e nelle nuove tecnologie, nell’efficienza, della mobilità elettrica.
Dalla Conferenza emerge chiaramente e in modo finalmente condiviso che un simile processo unito a quello di de-carbonizzazione, sarà possibile solo a patto che i paesi emergenti e quelli meno sviluppati ne siano attori protagonisti e consapevoli.