Trivelle ed estrazione del petrolio. Negli ultimi anni aumentati dovunque i rischi.

Il 17 Aprile si deciderà con il referendum

di Giulia Di Trinca 01/03/2016 AMBIENTE
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In foto il tratto di mare in Adriatico interessato dalle nuove trivellazioni

Alla fine del 2015, si è verificato il peggior disastro ambientale che abbia mai colpito il Brasile: due dighe serbatoio, contenenti milioni di rifiuti tossici prodotti da operazioni minerarie, crollano riversando i liquami prima nelle acque del Rio Doce e poi nell’Oceano Atlantico. Durante il suo passaggio, il fango costituito da metalli pesanti ha inquinato aree protette, foreste, campi agricoli e zone abitate.

Il nuovo anno è appena iniziato ed in Perù, si verifica un altro incidente che questa volta coinvolge la Petroperu, impresa petrolifera di Stato. Una frana danneggia l’oleodotto e fuoriescono nell’Amazzonia peruviana, ingenti quantità di petrolio che hanno invaso gli affluenti del fiume Marañon, uno tra i più importanti corsi d’acqua immissari del Rio delle Amazzoni, contaminando la fauna ittica e la vegetazione.

È ormai evidente che le operazioni estrattive, siano pericolose per l’uomo e l’ambiente, mai prive di rischi e soprattutto spesso con scarsi risultati positivi. Il continente americano lo sa bene, visto che conta nella sua storia molti incedenti oltre quelli già citati, dal famoso sversamento di petrolio nelle acque del Golfo del Messico (2010), all’inquinamento ambientale causato dal fracking, tecnica estrattiva utilizzata dal Texas fino alla Patagonia argentina.

Eppure, nonostante gli innumerevoli esempi negativi in tutto il mondo, in Europa è riemerso un vivo interesse per le estrazioni petrolifere, dal quale anche l’Italia è rimasta contagiata.

Numerose nel nostro paese, sono state le richieste di ricerca sia sulla terraferma che in mare, notizia che ha provocato la reazione dell'opinione pubblica e di molte Regioni direttamente coinvolte dalle possibili trivellazioni, anche governate dal partito di maggioranza. Grazie ad un’importante mobilitazione sociale, i cittadini italiani hanno ottenuto di poter votare sull’argomento in un referendum, indetto il 17 aprile 2016. L’Iter referendario non è stato privo di ostacoli e di colpi di scena, l’ultimo ad opera del governo, che ha modificato le norme dello Sblocca Italia riferite alle trivellazioni, accogliendo alcuni punti presenti nel referendum, come il blocco dei procedimenti in corso entro le 12 miglia ma eliminando la previsione del piano delle aree, volto a razionalizzare l’esercizio delle attività petrolifere. In una sempre più evidente distanza tra gli obiettivi delle istituzioni pubbliche e le esigenze delle parti sociali, emergono sondaggi che registrano la preoccupazione dei cittadini.

Da quello di Greenpeace commissionato all'Istituto Ixé é emerso che, l’89% degli italiani ritiene le trivelle pericolose per la fauna marina, l’81% pensa che inquinino il mare, per il 78% invece, porterebbero danni alla pesca e per il 72% sarebbero pericolose per la popolazione residente lungo le coste.

Inoltre, i cittadini sono convinti che la quota di petrolio estratto, a poco servirebbe per il consumo nazionale e che i vantaggi delle estrazioni, sarebbero solo prerogativa delle compagnie petrolifere.

Nonostante la scarsa informazione mediatica, la popolazione sembra avere le idee chiare sulla questione trivelle. Per accorgersene basta visitare un qualunque social network, dove iniziano a girare immagini di come i più bei luoghi marittimi italiani, potrebbero trasformarsi a causa di uno sversamento di petrolio. La campagna popolare e del tutto spontanea è iniziata, vedremo cosa succederà alle urne. 


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