Braccio di ferro Stati Uniti-Unione Europea sul TTIP, mentre cresce la protesta di associazioni e cittadini contro il Trattato
Sabato 7 Maggio la manifestazione NOTTIP a Roma
Il presidente Barack Obama con la first Lady Michelle, hanno da poco concluso il loro viaggio in Europa, uno degli ultimi prima dello scadere, a fine 2016, del suo secondo mandato. Durante la visita europea, Barack Obama ha argomentato e suggerito possibili soluzioni su molte delle vicende che attualmente, impegnano il vecchio continente, dimostrando in qualità di paese amico, una viva partecipazione.
L’Europa a quanto pare, ringrazia dell’interessamento ma non sembra propensa ad accettare i suggerimenti che arrivano da oltreoceano. Il più eclatante rifiuto lo ha espresso Boris Johnson il sindaco di Londra, che descrive “incoerente, inconsistente e assolutamente ipocrita”, l’appello pro Unione europea del Presidente degli Stati Uniti, ai cittadini inglesi che il 23 giugno, dovranno esprimersi attraverso il voto referendario sull’uscita o meno dall’Unione Europea.
Non è andata meglio in fatto di commercio internazionale, forse l’argomento che più stava a cuore ad Obama, che auspica la ratifica del Trattato transatlantico per il commercio (TTIP), prima della conclusione del suo mandato. Se infatti, non si troverà un accordo politico tra le parti, ovvero tra Unione Europea e Stati Uniti, il trattato rischia di slittare al 2020, a causa delle vicine elezioni che si avranno l’anno prossimo in Francia, poi in Germania ed in Italia, per non parlare della scadenza della Commissione europea prevista per il 2019.
Eppure mai come in questo momento, la ratifica del trattato sembra essere lontana. I movimenti contro il TTIP insieme con i cittadini europei, sono ormai in continua mobilitazione, perché considerano l’accordo un cavallo di Troia contro l’Europa, utile agli Stati Uniti per invadere il mercato europeo abbassando gli standard qualitativi del vecchio continente in fatto di lavoro, salute, sicurezza alimentare e beni comuni.
Proprio per sabato 7 maggio è stata organizzata a Roma, una nuova manifestazione, che partirà alle 14 da Piazza della Repubblica ed arriverà a Piazza San Giovanni in Laterano. In tutta Europa sono più di 3 milioni le firme raccolte contro il trattato, una protesta che sale soprattutto per le modalità con le quali si sta portando avanti da più di due anni la redazione e gli accordi che daranno vita al Trattato. Tutto nella più assoluta segretezza. Una mancanza di trasparenza degna della Guerra fredda, in assoluta inadempienza e spregio dei criteri di pubblicità, democraticità e partecipazione che dovrebbero invece essere alla base di qualsiasi decisione politica, tanto più di una così rilevante per la qualità della vita di milioni di persone.
E mentre la commissaria europea al Commercio Cecilia Malmstrom parla di “tempesta in un bicchiere d’acqua” specificando che “nessun accordo commerciale ad opera della Ue abbasserà mai il nostro livello di tutela dei consumatori, o della sicurezza alimentare, o dell'ambiente”, grazie a Greenpeace Olanda, trapelano le carte del braccio di ferro Ue-Usa; 240 pagine di bozze negoziali e altri documenti riservati, finite in possesso degli attivisti di Greenpeace e visionate successivamente da vari importanti media europei. Dalle prime indiscrezioni sulle carte, si apprende che il governo statunitense, starebbe esercitando forti pressioni, al fine di ottenere minori vincoli nell’esportazione di prodotti agricoli e alimentari americani: per esempio, paventando ritorsioni sul mercato dell’auto, settore che interessa particolarmente alla Germania.
Gli Stati Uniti premono per concludere e per questo Obama si presenta ai leader europei, sperando nel loro sostegno ma rimanendo, per questa volta, deluso. Tiepide le reazioni di Italia, Francia e Spagna che rimangono perplessi sulle clausole riguardanti l’agricoltura e la denominazione d’origine. Questi tre paesi hanno infatti posto, precise condizioni sul tema che vogliono siano rispettate.
Ma l’argomento più caldo rimane comunque, la clausola ISDS, che consentirebbe alle multinazionali di chiamare in giudizio i Paesi, in tribunali internazionali “privati” e a porte chiuse, qualora ritenessero questi colpevoli di violare le disposizioni in materia di protezione degli investimenti, arrecandogli dunque danno. Oltre a limitare fortemente la sovranità degli Stati, il rischio è quello che in caso di vittoria “legale” debbano essere le casse pubbliche a compensare le corporations.
Il TTIP convince sempre meno, forse è per questo che il Presidente americano vola fino in Europa a rassicurare i leader europei, nonostante sempre più fatti evidenzino la rischiosità di un accordo costruito non su una prospettiva politica ma su una specificamente economica. Tra le critiche più significative quelle giunte dalla London School of Economics che ha pubblicato un rapporto sugli effetti del Trattato. Anche per gli osservatori e gli analisti del Regno Unito, l'introduzione del Trattato transatlantico "configura moltissimi rischi e quasi nessun beneficio per il nostro continente"(Globalist syndication).
Il punto decisivo nei prossimi mesi sarà quello di ridefinire la posizione europea, nel senso di renderla più forte nei confronti di quella statunitense, al momento egemone nella gestione degli accordi. Per riuscirci l’Europa dovrà trovare un terreno comune e autorevole e quell’unità che negli ultimi anni sembra sempre più mancare al Paesi dell’Unione sulle questioni più importanti.