Unioni civili. La legge tra mancanze e punti fermi. Riconosciuti i diritti di tutti, così come afferma la Costituzione

di Carlo Bernardi 14/05/2016 POLITICA
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L’Italia finalmente ha accolto la risoluzione del Parlamento europeo del 2012 e dopo più di trent’anni di discussioni, il nostro Paese è entrato a far parte della maggioranza che in Europa riconosce i diritti individuali e di coppia. La legge approvata è sicuramente incompleta ma costituisce senz’altro un passo avanti che mette fine a una situazione di arretratezza culturale anche se occorrono ancora nuove e più avanzate battaglie.

Chi sostiene argomentazioni contrarie alla legge afferma che una minoranza, rappresentata dalle coppie gay, non può costringere una maggioranza che la pensa diversamente ad accettare le sue tesi. Forse non si tiene conto che la nostra Costituzione difende le minoranze e i diritti di queste che, altrimenti, non sarebbero considerati. Nel caso specifico, però, la legge non applica regole in difesa di settori minoritari della società, ma allarga anche a questi, perciò a tutti, i diritti che li voleva esclusi per sempre. Questo non toglie nulla ai diritti e al modo di pensare di chi la pensa diversamente e non usufruisce della novità contenuta nella legge. Come per il divorzio e l’aborto, questa legge non costringe nessuno ad agire contro la sua volontà e non toglie diritti a chi li ha. E’ chi pensa il contrario che vorrebbe imporre qualcosa a chi non si adegua al suo modo di pensare. Si pretende così di entrare nella sfera personale e nelle scelte di vita degli individui che la nostra Carta vorrebbe liberi.

Sorprende la sottovalutazione dell’elemento culturale su cui si dovrebbe fondare qualsiasi progresso sociale come se i cittadini bisognassero di protezione e fortezze inespugnabili per vivere e sentirsi sicuri e si ritiene che la famiglia, come finora è stata intesa, sia un baluardo per una buona formazione sociale dimenticando o facendo finta di non vedere quanto male e volontà di possesso è insito nell’istituto familiare quando manca il rispetto all’interno e fuori della famiglia. I femminicidi avvengono proprio dove il rispetto delle leggi non è ritenuto necessario ma, al contrario, nemico di una volontà di dominio comunque affermata. È nella famiglia che spesso avvengono le situazioni più turpi e più incresciose e molti sostenitori della famiglia tout court dovrebbero guardare meglio al proprio interno e giudicare se è veramente desiderabile il modello al quale si riferiscono e cercare di capire perché spesso non è esportabile.

Qualcuno ha affermato che il ricorso al voto di fiducia ha ristretto una più larga discussione sulla legge. Il testo è stato approvato con 372 voti a favore, 51 contrari e 99 astenuti. Considerando il ritardo storico e la discussione pluriennale sulle unioni civili il voto dimostra che ogni ulteriore discussione aveva solo la finalità di far perdere altro tempo e forse impedire, ancora una volta, l’approvazione della legge. La democrazia non è impedire una soluzione, semmai è partecipare alla soluzione consentendo un approdo quanto più condiviso e i voti a favore della legge attestano che c’era una maggioranza favorevole che voleva chiudere un ritardo storico. D’altronde anche la nostra Costituzione si è formata così.

Si minaccia da più parti, ambiti limitati e minoritari della nostra società di indire un referendum abrogativo. Se sarà così, come già è avvenuto per il divorzio e la legge sull’aborto, sarà una battaglia di civiltà e per la libertà.


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