In estate può succedere che nei dintorni di Roma si incontri l'antica Monterano
Può succedere, in un pomeriggio d’estate inoltrata che, mentre la città riflette immagini di pace rincuoranti e malinconiche, mentre ci interroghiamo su quali vie abbiano preso tutte quelle auto i cui parcheggi rimangono vuoti e indistinti e le anime dei quartieri sparse in ogni lato della Penisola o del Globo, può succedere che si faccia una sterzata diversa e, per una notizia o un invito ascoltati quasi distrattamente qualche tempo prima, si possa animare nuovamente e densamente la nostra giornata.
L’estate è l’unico momento che divida naturalmente un anno, è un momento di transizione delicato da vivere, tra euforia, contemplazione, dubbio, tratti di agitazione, tutti frammisti.
La scorsa volta mi imbattei in Faleria Antica, altra città abbandonata cui si arriva da Roma nord percorrendo la via Braccianese. Parlai della bellezza come della difficoltà di averne notizie, di reperirla e della dimenticanza in cui era rimasta avvolta, ed anche stavolta è stata la via Braccianese, solo una ventina di chilometri più avanti, poco dopo Manziana, a propormi un invito.
Un mio amico mi aveva invitato tempo prima a fargli visita a Canale Monterano, piccolo paese nato dalle ceneri dell’antica Monterano.
Ho pensato che nel vuoto cittadino, mentre i pensieri dei partiti, dei partenti e dei rimasti volteggiavano qui e là o chissà dove, io volevo concedermi l’opportunità di andare poco lontano da casa, ad approfondire ancora quella varietà di piccoli borghi abbandonati che popolano semisconosciuti i nostri dintorni. D’altra parte l’aria di Canale Monterano sarebbe stata decisamente più fresca e una visita all’antica città, vista la vicinanza, non mi avrebbe richiesto che un pomeriggio.
Lungo la Braccianese ho proceduto a velocità bassa, quasi suadente, come mi piace fare quando so di non avere tempi stretti per il breve tratto di strada. Avevo l’agio di guardare la campagna assolata ed inaridita, campi di grano infuocati ed una temperatura che via via andava facendosi più gradevole.
Giunto a Canale Monterano ho trovato un’atmosfera d’attesa. Molti degli abitanti sostavano lungo la via principale ed alcuni cartelli appesi alle porte dei negozi mostravano il programma della festa in modo dettagliato. Era la festa del Santo Patrono che in molti paesi dona la possibilità di costituire comitati organizzativi tra gli abitanti e crea una tenace ed antica solidarietà affinché quei giorni funzionino come ogni anno. Prima di chiamare il mio amico per avvisarlo d’essere arrivato sono entrato in un piccolo bar per un caffè, certamente ignaro che varcata la soglia mi sarebbero tornate alla mente alcune sensazioni sepolte da anni.
Il bar era popolato proprio da persone simili a quelle che nel vecchio bar maremmano della mia infanzia animavano i tavoli dei pomeriggi d’estate. Si beveva un po’ di birra facendo a turno a chi dovesse pagare il giro, l’età variava da quella giovanile alla mezza fino ad arrivare a quella avanzata di qualche anziano. Anche le chiacchiere erano le solite di un tempo, si parlava amabilmente del niente, qualcuno appariva ancora vestito da lavoro quasi avesse appena staccato dagli orari della terra che non sono proprio simili a quegli degli altri, qualche adolescente gustava un gelato parlottando dell’ultima giornata al mare che d’altra parte dista poco lontano. Un fiotto di ricordi mi riportò quella situazione assolutamente comparabile a quella che io stesso avevo vissuto più di vent’anni prima e che pare in alcuni bar di paese sia rimasta immutata. La barista ogni tanto, da dietro il banco, interveniva con qualche battuta che pungolava ora l’uno ora l’altro degli astanti e con grande gentilezza mi faceva notare una piccola guida in cui ogni evento in programma per la festa era ben descritto. Faticai a lasciarmi dietro la porta, anzi mi fermai a sedere per un poco leggendo il piccolo opuscolo. Ma l’ora saliva e la cortesia verso l’amico che mi attendeva mi fece desistere dal trattenermi ancora.
Feci appena in tempo a visitare casa che subito invitai il paziente amico ad andare verso l’antico borgo disabitato. Questo non prima di aver goduto il panorama unico che dall’altura della villetta si aveva il privilegio di guardare. La zona di Monterano si trova infatti sui Monti Sabatini, ad occidente rispetto al Lago di Bracciano ed a poca distanza dai Monti della Tolfa come dalle località marine di Santa Marinella e Santa Severa e quelle termali delle Terme di Stigliano. Da quel picco si poteva vedere il lago ed il mare, avvolti dai fitti boschi circostanti. Pareva non mancare nulla se non la visita che mi premeva e che ormai si faceva impellente.
Ero curioso di capire se quel borgo incistato nella Riserva Naturale Regionale di Monterano fosse indicato ed attrezzato come si dovrebbe in aree protette e come invece più volte mi è capitato di testimoniare non essere. Ma la strada ben sterrata e circoscritta, il paesaggio curato e le numerose indicazioni mi fecero subito propendere per un’attenzione diversa. Cosa che fu confermata anche dal fatto che una volta parcheggiata l’auto nel piazzale di ingresso ho potuto scorgere una piccola targa che indicava come il luogo avesse beneficiato dei Fondi Europei e che quindi presumibilmente Comune e cittadinanza avessero davvero a cuore la tutela del posto.
Come si addice ad un luogo abitato sin dall’Età del Bronzo e poi lungamente dagli Etruschi, la strada che conduceva al borgo scorreva lungo una bassa e graziosa tagliata di tufo, dalla quale, attraverso piccole fessure nella vegetazione a tratti si potevano scorgere istantanee di alcuni degli edifici soprastanti.
Il primo ad accoglierci fu un imponente acquedotto ad arcate di epoca romana dove un fontanile ristorava i pochi visitatori. Procedemmo lesti sulla salitella che ci aprì un pianoro di prato dove si stagliavano solitarie e signorili la Chiesa ed il Convento di San Bonaventura, progettate intorno alla seconda metà del ‘600 da Gian Lorenzo Bernini su commissione della famiglia Altieri. Una splendida fontana faceva da apripista all’edificio. Dentro, un enorme fico sotto il quale erano state girate alcune scene del celebre film Il Marchese del Grillo, sorvegliava il silenzio delle vestigia. Sapevo che la località in passato era stata spesso set naturale per film, anche monumentali, come Ben Hur, ed indimenticabili come il Marchese del Grillo o Guardie e Ladri e che tuttora molte proposte arrivavano in tal senso, tutte attentamente vagliate dagli uffici preposti, ma vedere quel fico imponente dove un tempo avevo visto sdraiato un meraviglioso Flavio Bucci non era cosa da poco. Dalla fontana un sentiero mostrava di condurre alla parte alta del borgo che con poche falcate ci fu sopra ed attorno. I resti di alcuni sepolcreti etruschi erano ben visibili mentre ci accingevamo a sostare davanti al Castello Altieri e alla Fontana del Leone, anch’essi progettati dal Bernini.
Eravamo quasi soli, il sole trafiggeva l’altura con quei raggi unici che preannunciano il crepuscolo, e pronunciavamo curiosità più con le gambe che si dirigevano qui e là tra l’altare di una chiesa e la gradinata del Palazzo che con le parole. Tutti i possibili passaggi aperti avevamo percorso, mancava solo quello che portava dietro il palazzo ad una balconata aperta su boschi a perdita d’occhio.
Lì compresi quanto il luogo fosse ancora impregnato soprattutto dell’epoca etrusca. Popolo che costruiva sempre i suoi abitati sulle alture, preferibilmente zone tufacee attraversate alle pendici da corsi d’acqua (lo stesso Bernini nel suo progetto del Palazzo ne aveva tratto ispirazione). Lì ne spiccava uno tra tutti, il torrente del fiume Mignone che dal Monti Sabatini corre fino a Tarquinia per ben 62 chilometri. Altra predilezione degli Etruschi erano le acque termali e pare assai verosimile che le Terme di Stigliano fossero nate proprio quale tempio terapeutico etrusco.
D’altronde il luogo portava indelebile il passaggio di questo popolo sin dal nome. Manziana, Monterano derivano infatti da Manth, antica divinità etrusca dell’oltretomba a cui erano stati consacrati i luoghi.
Riscendemmo dal sentiero ben tenuto che qualcuno provava a salire, già la pancia comunicava sentori di appetito e qualche mora lungo la strada ne ingentilì le richieste.
Tornammo a Canale Monterano, dove i vecchi abitanti del borgo, totalmente disabitato dall’800, si erano stabiliti soprattutto per la maggiore salubrità dell’aria, ed il cui canale aperto da lavoratori toscani ed umbri ne aveva dato il nome.
Salutammo quella terra nota anche per l’acqua, per il pane, per l’abilità dei butteri, anch’essi discendenti degli antichi cavalieri etruschi.
Eravamo stati poco lontani da Roma, eppure quasi a distanze siderali, avevamo trascorso solo qualche ora pomeridiana eppure sembrò qualche giorno. Un breve viaggio, possibile, sereno, senza alcuna brama d’impossibilità.
Dal Blog A.B.C. - Aiuto per la Bonaria Composizione delle Controversie