Renzi "Faccio autocritica ma non mollo, l'Italia è da cambiare". L'intervista dell'ex premier si riduce all'ennesima propaganda autoreferenziale. Ma il progetto e i valori politici dove sono?
“Le nuove polarità sono esclusi e inclusi, innovazione e identità, paura e speranza. Gli esclusi sono la vera nuova faccia delle disuguaglianze, dobbiamo farli sentire rappresentati. L'identità è ciò che noi siamo, senza muri e barriere, e non dobbiamo lasciarla alla destra. Quanto all'innovazione, è indispensabile per non finire ai margini, ma ne ho parlato in termini troppo entusiastici, bisogna pensare anche ai posti di lavoro che fa saltare. Insomma, c'è un gran da fare per la sinistra".
Si tratta di un estratto delle parole che l'ex premier Matteo Renzi in una lunga intervista a Repubblica ha rilasciato, ritornando di fatto in campo per i prossimi mesi, rilanciando la sua idea di politica e società.
Renzi fa ammenda dei suoi errori, sottolinea i passaggi critici che non hanno permesso la vittoria dei SI al referendum, ma soprattutto non si tira indietro rispetto alle scelte che il suo esecutivo ha compiuto nel settore bancario, decisioni tra le più criticate dei suoi due anni e mezzo di governo.
Così chi si aspettava o aveva sperato in un Matteo Renzi sulla via del tramonto o addirittura pronto per “cambiare vita”, così come egli stesso aveva preannunciato mesi fa parlando della possibilità di perdere il referendum, dovrà ricredersi e attestare che l’ex sindaco di Firenze non ha alcuna intenzione di lasciare la politica attiva e soprattutto il timone del Partito Democratico. Un partito che egli immagina aperto alla società, con facce e idee nuove, non ideologico e pronto a cogliere le opportunità dei tempi.
Sugli avversari più diretti, Renzi non risparmia dure critiche “Grillo vince se denuncia il male. Non se prova a cambiare. Quei ragazzi sono già divisi, si odiano tra gruppi dirigenti, fanno carte e firme false per farsi la guerra. Ma sono un algoritmo, non un partito. Lui è il Capo di un sistema che ripete ai seguaci solo quello che vogliono sentirsi dire, raccogliendo la schiuma dell'onda del web. Dovremmo fare una colletta per liberare la Raggi e i parlamentari europei dalle orrende manette incostituzionali che multano l'infedeltà al partito, ogni ribellione o autonomia. Ma quelli che vedevano la deriva autoritaria nella riforma costituzionale, su questo tacciono".
Alcune considerazioni sul “ritorno” di Renzi.
Prima di tutto solo i più disattenti avevano potuto credere che Matteo Renzi abbandonasse l’avventura politica dopo la debacle del 4 dicembre. E’ ovvio che Renzi si ritiene un leader e un leader non abbandona così facilmente, vedi Berlusconi che proprio nelle stesse ore dell’intervista all’ex premier, e non casualmente, lanciava dichiarazioni di medesimo significato politico.
Il merito delle sue dichiarazioni. Renzi dice di volere un partito fondato sui valori, ma sinceramente non si riesce a capire come possa essere ancora la sua leadership e quella dei suoi più fedeli collaboratori, a rilanciare questo tema. Quali sono oggi i valori del Partito Democratico? Piuttosto sembra chiaro che proprio la sua guida ha portato ad avere un Partito verticista ripiegato sullo scontro fra renziani e antirenziani. Un partito in cui si fa fatica ad individuare una politica fondata sui valori, soprattutto di quelli di sinistra, mentre con molta più facilità è possibile osservare a scontri di potere fra fazioni pronte a scambiarsi reciproche accuse.
Dall’intervista a Repubblica appare invece di nuovo forte la tendenza di Renzi - non ha imparato dalla sconfitta referendaria? - a costruire una leadership basata sullo storytelling. Sul racconto dal suo punto di vista di una realtà che non trova corrispettivo nella società italiana. Renzi avrebbe dovuto capire quali sono le priorità del Paese e sembra che ancora sia in ritardo. Basta narrazioni e impegno a risolvere i problemi della sanità, della scuola, del lavoro, su questo dovrebeb dimostrare che ha imparato la lezione, ma evidentemente così non è.
Di questo nelle sue parole non v’è traccia, ciò che traspare è una rinnovata autoreferenzialità. Le parole dette in tal senso sembrano di circostanza, di dovere, ma un preciso programma politico, riformista e progressista proprio si fa fatica a intravederlo.
Un leader lontano dalle persone, dal suo stesso “popolo”, quello del Pd in questo caso, non è un leader ma solo un demagogo.
Infine una considerazione di carattere etico-morale. Sempre dalle parole rilasciate dal segretario del Pd, si evince che Renzi sembra non essere guarito da quella sorta di frenesia mediatica e di potere che lo “spinge” a doversi immediatamente rilanciarsi nella mischia, anche in ciò molto molto simile a Berlusconi. Quella frenesia che poco più di due anni fa annunciò appena diventato primo ministro, come la panacea di tutti i mali italiani. “Una riforma al Mese”. Aveva trionfalmente annunciato nel Marzo del 2014. Sembra una banalità ma occorre ricordare all’ex premier che guidare e bene una nazione non una questione di chi va più veloce.
Le interviste servono a rilanciare la propria immagine, un po' appannata, e questo è facile da intuire e ovviamente comprensibile dal suo punto di vista, ma qualche mese di riflessione, di analisi, di osservazione, forse, caro Renzi, le gioverebbero a guardare in modo meno egocentrico all’Italia di oggi e magari sarebbero utili per riuscire a trovare il coraggio e le basi per un’azione politica finalmente riformatrice e finalmente utile alla società italiana.