Finché c'è guerra c'è speranza. Armi e armamenti. Boom nel 2016 delle esportazioni della nostra industria bellica
E' un vero e proprio boom quello che hanno avuto nel 2016 le esportazioni italiane di armamenti: l’anno scorso hanno infatti raggiunto i 14,6 miliardi di euro, con un aumento dell'85,7% rispetto ai 7,9 miliardi del 2015.
Dati resi noti al Parlamento ogni anno: ovvero l’elenco delle armi vendute dalle aziende italiane nel 2016. E rispetto al 2015, il primo dato che risalta è il totale delle vendite: 15 miliardi contro gli 8,7 miliardi del 2015.
Il maggior guadagno deriva soprattutto dalla vendita di 28 Eurofighter al Kuwait, una commessa da 28 miliardi. Poichè il caccia è frutto della collaborazione di 4 Paesi (Italia, Spagna, Germania e Gran Bretagna), i guadagni sono divisi equamente tra i quattro Paesi. Altri Paesi a cui l’Italia ha venduto armi sono Gran Bretagna, Germania, Francia, Spagna, Arabia Saudita, Usa, Qatar, Israele, Norvegia e Turchia. Aumentate del 169% rispetto al 2015 anche le importazioni di armi, per un valore totale di poco superiore ai 600 milioni. In questa classifica, il primo posto è occupato dagli Usa.
Lo si è appreso dalla Relazione annuale al Parlamento in materia di armamenti, inviata dalla Presidenza del Consiglio. Il 50% del valore delle esportazioni (7,3 miliardi) deriva dalla fornitura di 28 Eurofighter della Leonardo al Kuwait che sale al primo posto come mercato di sbocco per l'Italia.
Complessivamente sono 82 i Paesi di esportazione dell’Italia. Dalla relazione emerge che il nostro paese si conferma ai primi posti nella graduatoria mondiale per penetrazione del mercato. Oltre agli aeromobili (che pesano sulle esportazioni per 8,8 miliardi di euro), la categoria di armamenti più venduta dall’Italia è quella di "bombe, siluri, razzi, missili e accessori", recita il Rapporto (per 1,2 miliardi di euro). Nel 2014 le vendite all’estero erano state di 2,9 miliardi.
Nel 2016 il valore delle autorizzazioni all’esportazione e dei trasferimenti ha riguardato solo per il 36,9% i Paesi membri Ue e della Nato (5,4 miliardi) che per la gran parte, cioè per il 63,1%, sono stati diretti a nazioni extra europee e al di fuori dell’Alleanza Atlantica (9,2 miliardi). In particolare, tra le zone geopolitiche di esportazione, figurano al primo posto i paesi dell’Africa Settentrionale e del Medio Oriente che con oltre 8,6 miliardi euro ricoprono da soli più del 58,8% delle autorizzazioni. Fornire armi e sistemi militari a questi regimi, “oltre a contribuire ad alimentare le tensioni, rappresenta – ha commentato Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio sulle Armi leggere e le politiche di Sicurezza e Difesa (Opal) di Brescia – un tacito consenso alle loro politiche repressive”.
Nei fatti Paesi come L’Arabia Saudita, il Qatar sono stati più volte ammoniti e richiamati dalle Nazioni Unite per aver alimentato in modo diretto conflitti locali, vedi la guerra dimenticata Nello Yemen. Conflitti che evidentemente possono venire “combattuti” proprio grazie alle armi che questi paesi acquistano.
Secondo i dati incrociati delle varie relazioni del governo, "nell’ultimo decennio le spese militari italiane sono cresciute del 21% (del 4,3% in valori reali) salendo dall’1,2 all’1,4% del Prodotto interno lordo (Pil): più dell’1,1% dichiarato dalla Difesa".
Questo l’andamento: "Una netta crescita fino alla recessione del 2009 con i governi Berlusconi III e Prodi II, un calo costante negli anni post-crisi del quarto governo Berlusconi, una nuova forte crescita nel 2013 con il governo Monti, una flessione con Letta e il primo anno del governo Renzi e un nuovo aumento negli ultimi due anni.
Dove vanno questi soldi? La prima voce riguarda il costo del personale.
Nel 2017 l’Italia spenderà per le forze armate almeno 23,4 miliardi di euro: significa 64 milioni al giorno, 2,6 milioni ogni ora. Ossia lo 0,7% in più rispetto al 2016 e il 2,3% in più rispetto alle previsioni contenute nei documenti programmatici governativi dell’anno scorso.
I due terzi andranno per i costi del persoale delle nostre forze armate, il resto in missioni di pace per onorare i patti dell'Alleanza atlantica. Gli Stati Uniti, Trump in persona nel suo recente incontro con Gentiloni, ci hanno più volte chiesto negli ultimi anni di incrementare la quota di pil da destinare alla Nato.