Elezioni Amministrative. La democrazia non per tutti. In alcuni comuni non si voterà

di M.L 09/06/2017 POLITICA
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Domenica 11 Giugno è la prima tornata elettorale con la quale 9 milioni di italiani sceglieranno sindaci e amministratori. Sono quasi mille le amministrazioni locali da eleggere ma in una decina di comuni le urne non si apriranno proprio.

Nell’era della democrazia 2.0, quella reale annaspa sempre di più. Disaffezione alle istituzioni, mancanza di credibilità, criminalità: c’è un’Italia profonda che non crede più alla democrazia.

Dal Veneto alla Calabria non andranno al voto una decina di comuni per mancanza di candidati. Si tratta di centri piccoli dove non esistono compagini organizzate dei partiti nazionali e dove gli abitanti si conoscono tutti per nome, cognome e soprannome. Lontano dalle metropoli e dai grandi centri, nella provincia, il mestiere della politica non attrae più. Stipendi bassi, responsabilità e un generale clima di sfiducia verso la politica spingono i cittadini a disertare qualsiasi forma di partecipazione. Non mancano realtà difficili, già commissariate per infiltrazioni della criminalità organizzata.

Soddì, provincia di Oristano. Cento abitanti dove presto arriverà un commissario. Nonostante i tentativi dell’amministrazione uscente, non è stato possibile formare una lista di candidati. IL sindaco uscente, Medde dice che nel paese ormai ci sono solo anziani.

Ad Austis (Nuoro) non si va alla urne da parecchio tempo: l’ultima amministrazione eletta, guidata dall’ex prima cittadina Lucia Chessa, è stata votata nel 2010. Poi, dal 2015, più nulla. La deputata del Partito democratico Romina Mura, parlamentare e sindaco di Sadali, non distante, per non lasciare il comune senza un’amministrazione eletta, due anni fa ha deciso di ricandidarsi e di lavorare in modo da avere per il futuro uomini e donne pronte per l’amministrazione della cosa pubblica

A Penna San Giovanni, 1200 abitanti in provincia di Macerata, il sindaco uscente, Giuseppe Mancinelli, come ha raccontato a AdnKronos, aveva deciso di non ricandidarsi, ma quando si è reso conto che, per motivi di liti in paese, non vi sarebbero state liste ha cercato in tutti i modi di allestirne una, sebbene avesse a disposizione solo due giorni di tempo. Il tentativo non è andato a buon fine.

Come a Faeto in provincia di Foggia, dove pare nessuno sia minimamente interessato alla cosa pubblica.

Altre latitudini, stessi problemi. Conta poco meno di 1.500 persone il paese di Cencenighe Agordino, in provincia di Belluno. Anche qui domenica 11 giugno non si voterà per mancanza di aspiranti sindaci. Anche qui, come altrove, nonostante l’impegno dell’amministrazione uscente non si è riuscito a mettere insieme una lista di candidati. E così sulle Dolomiti arriverà un altro commissario. C’entra la disaffezione verso la politica, il disinteresse verso la cosa pubblica, ma non solo. In un’intervista a Repubblica, qualche tempo fa, il sindaco uscente William Faè ha sollevato un altro tema: lo stipendio. Fare il sindaco in un piccolo comune non paga, letteralmente. A fronte di un impegno particolarmente rilevante, negli ultimi cinque anni ha percepito uno stipendio di circa 600 euro. «Può una famiglia campare con così poco?».

Molto diversa la situazione a San Luca, in provincia di Reggio Calabria. Tristemente famoso per l’omonima faida di ’ndrangheta - culminata con la strage di Duisburg - il centro della Locride dovrà rinunciare ancora una volta a eleggere il proprio consiglio comunale. Anche qui non si è presentato alcun candidato. Un paio di anni fa l’unica lista in campo non è riuscita a ottenere il quorum. Per trovare un sindaco votato dai cittadini bisogna tornare alla precedente amministrazione, sciolta per presunte infiltrazioni mafiose nel 2013. E così la democrazia resta sospesa anche sull’Aspromonte. A guidare i quattromila abitanti di San Luca sarà ancora una volta un commissorio.

Non arriva neppure a cento residenti il paese di Elva, in Piemonte. Un piccolo comune in provincia di Cuneo, isolato nella Val Maira. Rifugi di montagna, qualche locanda. Nella chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta fanno bella mostra gli affreschi cinquecenteschi del fiammingo Hans Clemer. Dopo dieci anni, la sindaca Laura Lacopo si fa da parte, ma non sarà sostituita. La storia è sempre la stessa: non si è riusciti a trovare un candidato. «Una vicenda molto triste - si è lamentata alla Stampa - Non doveva finire così». Dalla parte opposta del Paese, in Puglia, il comune di Faeto condivide lo stesso destino. 638 abitanti nel centro sui monti Dauni, in provincia di Foggia. È il paese più alto della regione, raccontano orgogliosi. Il commissario prefettizio che amministrerà la città è già stato nominato. Dopo cinque anni il sindaco uscente, Antonio Melillo, lascia senza nascondere la delusione. Anche lui riconosce il disinteresse di troppi concittadini per un lavoro gravoso, pieno di responsabilità, ma poco redditizio. La stessa sensazione condivisa dai possibili candidati, che annusata l’aria hanno preferito farsi da parte.

 Questi e gli altri casi, nei quali i cittadini non potranno esprimere il diritto dovere del voto, dovrebbero essere sotto i riflettori della poltica e dei partiti, ma a nessuno sembrano interessare. Non se ne parla nei media né sono oggetto di approfondimento e inagine. E’ un grave errore da parte delle classi dirigenti ingnorarli. La democrazia e le sue istituzioni devono ripartire dalla dimensione locale, dal concetto di prossimità e aderenza che essi intrattengono con i cittadini nella loro dimensione quotidiana, altrimenti la disaffezione, l’indifferenza prenderanno il largo e in un Paese come il nostro altre forme, criminali e illegali, sostituiranno uno Stato assente.


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