Fuochi, fiamme e l'oblio dei nostri doveri.

Quello che sta accadendo in queste settimana da Nord a Sud, non è una novità. Le fiamme che cancellano ettari di terreni, boschi, devastando colline, montagne, pinete, cambiando la morfologia di intere zone, sono il puntuale e tragico corollario delle nostre estati. Senza andare troppo in là, i telegiornali di questo luglio 2017 potrebbero benissimo mandare in onda i servizi del luglio 2015.
Incendi fotocopie. Vesuvio, pinete laziali e toscane, pianure pugliesi o colline siciliane, montagne calabresi o sarde quasi tutte le estati sono preda di piromani, pastori che bruciano i pascoli, speculatori, mafie e teste di cazzo varie. Lo abbiamo già dimenticato. Ah quanto è labile la nostra memoria civica!
Quest’anno ci si è messo un clima folle che faceva segnare 30 gradi già ad aprile, la siccità e molte umane responsabilità.
Chi controlla e ha cura dei territori a livello locale? Sappiamo che la Guardia forestale è stata assorbita nei Carabinieri, significa qualcosa questo, in meglio, in peggio? I comuni che poteri hanno? E le Regioni, i parchi, gli enti? Il governo centrale? Noi cittadini? Cercando in questi ambiti troveremo facilmente varie responsabilità.
Poi c’è la politica. Quella di Roma.
Investire in protezione civile significa più aerei, elicotteri, uomini e mezzi, più organizzazione. Tanto quello che vale per gli incendi vale anche per le alluvioni, le frane, i terremoti e disastri vari.
Se i partiti, le classi dirigenti, i media, gli approfittatori e i cacciatori di consenso la smettessero di andare appresso agli umori gastrointestinali dell’elettorato o smettessero di esacerbare la guerra tra i poveri, forse si discuterebbe di più e si deciderebbe meglio di protezione civile, di cura del territorio, di organizzazione delle emergenze, di messa in sicurezza delle scuole, di investire nel verde e nell’ambiente.
Questo discorso vale per tutte le altre questioni della nostra quotidianità. Le priorità dell’Italia le conosciamo tutti: Ambiente, territori, istruzione, lavoro, dissesti, welfare, più diritti civili.
Eppure sembra che nell’agenda politica, nei palinsesti dei media, nei discorsi conseguenziali delle persone esista un solo unico grande argomento: l’invasione degli immigrati!
Non è una polemica politica questa.
E’ una riflessione antropologica.
Noi italiani non siamo in grado di affrontare razionalmente, positivamente, costruttivamente le grandi questioni che sappiamo benissimo affliggerci, e come un grande bagno collettivo per ripulirci dalle nostre responsabilità scegliamo argomenti “facili”. Meglio dare in testa agli immigrati, all’Europa che ce li fa arrivare. Meglio prendersela con i burocrati di Bruxelles, con l’euro e via discorrendo.
Vogliamo dimenticarci della corruzione, delle mafie. Miliardi di euro di soldi sottratti alla cura dei territori. Ciclo dei rifiuti, opere pubbliche e il fiume di tangenti che ne segue. No questo non ci riguarda, non è collegato con gli incendi!
Ma certo, molto più comodo pensare a come respingere qualche migliaio di disperati.
Diciamolo, nell’italico spirito non manca una bella dose di vigliaccheria. Comodo e facile prendersela con i deboli.
Di questo passo un Paese e un popolo - popolo? – cieco e sordo dinanzi alle proprie responsabilità, non ha molta strada da percorrere.
L’oblio delle coscienze e della memoria collettiva, il rifiuto delle responsabilità e del senso di dovere. Di questo dovrebbe parlarci la politica, i telegiornali, di questo si dovrebbe parlare alle fermate degli autobus o in coda alle poste. E smetterla finalmente, da bravi italiani, di aspettare che sia sempre qualcun altro a fare il primo passo per cambiare la vita.
