Calcio, Il presidente della Juventus Andrea Agnelli condannato a un anno di inibizione per avere favorito il bagarinaggio
Un anno di inibizione per il presidente della Juventus Andrea Agnelli oltre ad un’ammenda personale da 20.000 euro, più un’ulteriore ammenda da 300 mila euro per il club bianconero. È questa la decisione del tribunale federale nel processo sportivo per i legami tra la dirigenza bianconera e il mondo degli ultrà. Rigettata la richiesta della procura di due turni a porte chiuse e uno senza i tifosi nella curva Scirea per la Juventus. La sanzione, più leggera di quella richiesta dal procuratore sportivo, conferma però l’impianto accusatorio.
La condanna di Agnelli, nonostante la difesa ne avesse chiesto l’assoluzione, avviene in particolare perché «la invocata estraneità del presidente» non può ritenersi tale «poiché il tenore della istruttoria e la indubbia frequentazione dirigenziale con gli altri deferiti, unitamente al lunghissimo lasso temporale [...] (ben 5 stagioni sportive) ed alla cospicua quantità di biglietti e di abbonamenti concessi illegittimamente» contraddicono le ragioni della difesa. Secondo il presidente del tribunale federale Cesare Mastrocola, infatti, «non è fatto mistero che l’intero management fosse votato a ricucire i rapporti con gli ultrà e ad addolcire ogni confronto con il club al punto da favorire concretamente ed espressamente le continue richieste di agevolazioni così da rendersi disponibili a scendere a patti pur di non urtare la suscettibilità dei tifosi, il cui livore avrebbe comportato multe e sanzioni alla Juventus». In sostanza, si può ritenere «che Agnelli, con il suo comportamento abbia agevolato e, in qualche modo avallato, o comunque non impedito le perduranti e non episodiche condotte illecite» dei suoi collaboratori «al dichiarato dine di mantenere i rapporti con la tifoseria».
Riguardo, invece, all’appartenenza di alcuni capi ultrà al mondo della ‘ndrangheta, il Tribunale riconosce che le frequentazioni con Rocco Dominello «avvennero in maniera decisamente sporadica ma soprattutto inconsapevole con riferimento alla conoscenza del presunto ruolo malavitoso», e che quindi Agnelli sia «da ritenere completamente ignaro» di questo particolare aspetto criminale di Dominello, «presentatosi ai suoi occhi come deferente tifoso», anche perché «la notizia connessa allo status malavitoso» dell’ultrà «venne resa pubblica in epoca successiva rispetto ai rapporti intercorrenti tra la dirigenza e la tifoseria». L’esistenza, comunque, delle condizioni citate ha portato il segretario della Commissione parlamentare antimafia Marco Di Lello (Pd) a difendere una volta di più la decisione di ascoltare, lo scorso maggio, Andrea Agnelli: «Anche se non sono mai contento di una condanna, anche il tribunale della Federcalcio ha accertato un fatto».
Agnelli al momento resterà presidente del club anche se, per tutta la durata della squalifica, non potrà rappresentare la società nelle manifestazioni ufficiali, andare negli spogliatoi durante e dopo le partite o alle riunioni della Lega Calcio a Milano. Invece, non riguarda al momento né la poltrona dell’Eca (l’Associazione dei club europei) né il ruolo nell’Esecutivo Fifa. Il titolo bianconero a Piazza Affari ha reagito mantenendo un trend positivo: nel corso della seduta aveva toccato un rialzo massimo del 2,5%, dopo la lettura della sentenza sale ancora dell’1,16% a 0,796 euro per chiudere in rialzo dello 0,6%. Il mercato rileva dunque più interesse per il successo nel derby e per il mantenimento del primato in classifica.
gnelli, secondo l’accusa, ha favorito il bagarinaggio, partecipando a diversi incontri in violazione dell’articolo 12 del codice di giustizia sportiva. Le richieste, secondo lo 007 federale, erano in relazione alla durata (5 anni) della violazione.
Queste le sentenze per quanto riguarda gli altri imputati, tutti dirigenti bianconeri: per Francesco Calvo, all’epoca direttore commerciale della Juve, un anno di inibizione e 20 mila euro di ammenda; per Stefano Marulla, responsabile del ticket office, 1 anno di inibizione e 20 mila euro di ammenda; per Alessandro Nicola D’Angelo, security manager della Juve, la decisione è di 1 anno e 3 mesi di inibizione e 20 mila euro di ammenda.
«Sono parzialmente soddisfatto perché siamo riusciti a provare la colpevolezza di tutti - ha commentato Pecoraro - ma i fatti sono talmente gravi che secondo me andavano sanzionati di più: per questo presenteremo ricorso». Va, infatti, tenuto presente che «le risorse derivanti dal bagarinaggio sono andate alla criminalità organizzata, e questo è gravissimo».
Anche la Juventus non si accontenta del giudizio di primo grado e annuncia ricorso in appello sottolineando con soddisfazione, comunque, quanto già detto, e cioè che sia stato «escluso ogni ipotesi di legame con esponenti della criminalità organizzata».