Catalogna. Indipendenza, Puigdemont scrive a Rajoy. Due mesi per discutere. Madrid "due giorni per rispondere o commissariamo il governo della Catalogna"
La risposta di Carles Puigdemont all'ultimatum di Madrid non soddisfa il governo centrale. Il presidente catalano ha chiesto un margine di "due mesi" per dialogare e negoziare un'uscita politica dal braccio di ferro, ma Mariano Rajoy aveva chiesto al governo catalano di chiarire la sua posizione. In conferenza stampa la vice premier Soraya Sáenz de Santamaría è stata categorica: "Non era difficile rispondere alla nostra domanda. Dichiarate l'indipendenza sì o no?".
Ora il governo centrale si aspetta che Puigdemont precisi cosa ha intenzione di fare: "Non può esserci dialogo al di fuori della legge. Barcellona ha tempo fino a giovedì per esprimersi". La vice di Rajoy ha confermato che il premier ha risposto direttamente a Puigdemont con una lettera. Anche il ministro della Giustizia spagnolo, Rafael Catalá, fa sapere che non considera valida la dichiarazione di Barcellona "per mancanza di chiarezza". Gli fa eco il ministro degli Esteri: "Questa lettera non costituisce una risposta".
"Stimato Presidente Rajoy...", così si apre il documento ufficiale inoltrato da Puigdemont alla Moncloa, sede dell'esecutivo spagnolo. "La priorità del mio governo è cercare con tutta l'intensità la via del dialogo", prosegue nel testo, "la situazione esige risposte che siano all'altezza, così come ci chiede la maggioranza della società e l'Europa, che non comprende altro modo di risolvere i conflitti che non passi attraverso il dialogo, il negoziato e l'accordo"
Nella comunicazione ufficiale Puigdemont ribadisce che il risultato del referendum del 1 ottobre ha dato mandato al Parlamento catalano per dichiarare l'indipendenza. Poi avanza due richieste: "La prima, che si fermi la repressione contro il popolo e il governo della Catalogna. [...] La seconda richiesta è che fissiamo, prima possibile, un incontro che ci permetta di esplorare la possibilità di primi accordi. Non lasciamo che si deteriori ancora di più la situazione".
Parlando di "repressione", Puigdemont non si riferisce solo alle violenze nel giorno delle votazioni, ma anche a tutte le misure messe in campo da Madrid per bloccare l'organizzazione del referendum: congelamento fondi pubblici, perquisizioni nei palazzi del governo, arresto di funzionari pubblici.
La Generalitat ha ancora tre giorni, fino a giovedì, per correggere la propria decisione. Poi Madrid potrebbe procedere con l'applicazione dell'articolo 155 della Costituzione e sospendere l'autonomia catalana.
LA LETTERA DEL PRESIDENTE CATALANO A AL GOVERNO SPAGNOLO
"Stimato Presidente Rajoy:
La situazione che viviamo è di tale trascendenza che esige risposte e soluzioni politiche che siano all’altezza. La mia lettera vuole contribuire a raggiungere questo tipo di risposte, che sono quelle che ci chiede la maggioranza della società e che si attendono in Europa, che non comprende altro modo di risolvere i conflitti che non passi attraverso il dialogo, il negoziato e l’accordo.
In questo senso, mi ha sorpreso che nel suo scritto dello scorso 11 ottobre annunciasse la volontà del suo governo di attivare l’articolo 155 della Costituzione per sospendere l’autogoverno della Catalogna. Quando lo scorso 10 ottobre, rispondendo alla petizione di numerose personalità e istituzioni internazionali, spagnole e catalane, le prospettai un’offerta sincera di dialogo, non lo feci come una dimostrazione di debolezza, ma come una proposta onesta per trovare una soluzione al rapporto tra lo Stato spagnolo e la Catalogna, che è bloccato da molti anni.
Domenica 1° ottobre, nel mezzo di una violenta azione della polizia denunciata dai più prestigiosi organismi internazionali, più di due milioni di catalani hanno assegnato al Parlament il mandato democratico di dichiarare l’indipendenza. Ai risultati di questo referendum bisogna aggiungere quelli delle ultime elezioni per il Parlament della Catalogna, dove una chiara maggioranza, un 47,7 per cento, votò per le forze indipendentiste, e dove le forze esplicitamente contrarie all’indipendenza ottennero un 39,1 per cento. È anche necessario ricordare che un 80 per cento dei cittadini sta manifestando in modo reiterato la volontà di decidere il proprio futuro politico votando in un referendum concordato. Accettare la realtà è il cammino per risolvere i problemi.