Caso Regeni. Due anni fa la scomparsa di Giulio. Il video messaggio dei genitori
A due anni dalla sua scomparsa è ormai chiaro che Giulio Regeni è stato ucciso per le sue ricerche, ed è certo il ruolo dei Servizi.
Lo mette nero su bianco il procuratore Giuseppe Pignatone, che in una lettera al Corriere della Sera e a Repubblica parla di nuovi elementi dell'inchiesta. Il movente, "pacificamente da ricondurre alle attività di ricerca effettuate da Giulio nei mesi di permanenza al Cairo", e "l'azione degli apparati pubblici egiziani che già nei mesi precedenti avevano concentrato su Giulio la loro attenzione, con modalità sempre più stringenti, fino al 25 gennaio", sono "punti fermi".
I genitori
Dicono oggi Paola e Claudio Regeni: "Il nostro calendario mensile ha l'evidenza su tre date principali: il 25, la scomparsa di Giulio, il 3, giorno del ritrovamento del suo corpo, il 14, punto sulla situazione della scorta mediatica. Questo significa che i tutti i cittadini che chiedono con noi verità e giustizia per Giulio, seguono attentamente tutto ciò che succede e tutte le scelte che vengono fatte per arrivare alla verità. Speriamo che a breve si aggiunga a queste tre date quella in cui ci verrà consegnata la verità 'vera' e completa sulle responsabilità della barbara uccisione di nostro figlio".
Due anni sono un tempo lungo per un padre e una madre che continuano a chiedere con resilienza e dignità Giustizia e verità. E lo sono, a ben vedere, anche per un Paese, il nostro, che di questo caso ha fatto una prova di partecipazione civile e sovranità politica. E tuttavia va riconosciuto, come peraltro legittimamente ricorda oggi su Repubblica la lettera aperta del Procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, che questi due anni hanno avvicinato, piuttosto che allontanarla, quella quarta "data" che oggi Paola e Claudio Regeni auspicano di cerchiare presto nel loro - non solo loro - calendario.
Ebbene, oggi sappiamo che Giulio fu oggetto di una stringente attività di spionaggio ingrassata dalla paranoia degli apparati del regime egiziano alla vigilia del quinto anniversario della rivoluzione di piazza Tahrir. Che quella attività fu alimentata dal tradimento di chi Giulio si fidava, l'allora leader del sindacato degli ambulanti, Mohammed Abdallah (uomo dal passato miserabile e dal presente disperato, in cerca di denaro facile per sostenere l'operazione di cancro di sua moglie), pronto a venderlo nella sua veste di informatore di polizia e Servizi. Che a consegnare a Giulio la patente di "spia", quale non era, per conto dei Servizi britannici, fu la ""colpa" del suo lavoro di ricerca condotto per l'università di Cambridge. Che della "pratica Regeni" si occupò la National security agency, il servizio segreto civile che aveva e ha come suo referente politico il ministro dell'Interno Abdel Ghaffar, l'altra figura chiave del regime con il presidente Al Sisi e contraltare di quest'ultimo. Che il regime egiziano per due anni ha depistato le indagini, arrivando a concepire e consumare la macabra messa in scena della morte di cinque innocenti da offrire all'Italia come responsabili della morte di Giulio.
Non è poco. Non fosse altro perché queste certezze, sono ormai depositate in un atto giudiziario. Un'informativa dello Sco della Polizia e del Ros dei Carabinieri consegnata e condivisa dalla Procura generale del Cairo, nel dicembre scorso, che identifica nove, tra poliziotti e agenti dei Servizi, che aldilà di ogni ragionevole dubbio, furono coinvolti quantomeno nel sequestro di Giulio. E che, dunque, possono portare alle responsabilità all'interno del Regime e dei suoi apparati, dei mandanti e degli autori materiali dell'omicidio. E' questo ulteriore passaggio, evidentemente, il tratto di strada, tutt'altro che agevole o scontato, che manca per arrivare alla "verità vera", per dirla con Paola e Claudio Regeni. Per percorrerlo è necessario che la sostanziale compattezza dimostrata in questi due anni da opinione pubblica, parlamento, magistratura non si incrini. E' necessario anche che ciascuno faccia la propria parte portando alla causa della verità qualunque elemento o dettaglio in grado di ricostruire ogni aspetto di questa vicenda, anche quelli non necessariamente di rilevanza penale. E' quanto accaduto negli ultimi mesi con la pressione esercitata dalla procura di Roma sull'università di Cambridge e sulla professoressa Maha Abdelrhaman, tutor di Giulio. Sarebbe dunque auspicabile che l'Accademia non si raccontasse ciò che non è, alimentando guerre di religione (sulla libertà di insegnamento) che nulla hanno a che vedere con questa vicenda.
Sarebbe infine auspicabile, perché cruciale nell'economia di ciò che può ancora accadere, che la politica, a prescindere dall'assetto che daranno le prossime elezioni politiche, continui ad avere Giulio in cima alla sua agenda. Impegnandosi a implementare la pressione sul regime di Al Sisi e avere il coraggio di farne ciò che non è stato sin qui. Una storia che riguarda l'Europa, e le sue istituzioni, a partire dal parlamento europeo che continua a fingere di non vedere quello che Giulio era: un cittadino del mondo, un cittadino europeo.
Il video messaggio dei genitori