Siria. La Guerra di tutti contro tutti. Bambini e civili massacrati e sacrificati sull'altare della Realpolitik
Nuovi raid aerei del regime siriano si sono registrati sulla Ghuta nonostante la risoluzione del Consiglio di Sicurezza Onu sulla tregua umanitaria di 30 giorni in Siria. Il bilancio è di almeno 7 morti e circa 30 feriti, riferisce l'Osservatorio per i diritti umani. I bombardamenti, aerei e a colpi di artiglieria, sono "meno intensi". I ribelli, citati dagli attivisti locali, riferiscono di scontri isolati con le forze governative in diverse aree limitrofe.
I presidenti russo Vladimir Putin e francese Emmanuel Macron e la cancelliera tedesca Angela Merkel hanno avuto un colloquio telefonico sulla situazione in Siria. I tre leader hanno sottolineato "l'importanza di continuare gli sforzi comuni per implementare pienamente e il più rapidamente possibile le disposizioni" della risoluzione Onu sulla tregua umanitaria nel Paese. Lo riferisce una nota del Cremlino, ripresa dalla Tass.
Il Papa ha lanciato un "appello accorato perché cessi subito la violenza" in Siria, dove "la guerra si è intensificata, specialmente nel Ghouta orientale", "sia dato accesso agli aiuti umanitari - cibo e medicine - e siano evacuati i feriti e i malati". "Questo mese di febbraio - ha detto Francesco all'Angelus - è stato uno dei più violenti in sette anni di conflitto: centinaia, migliaia di vittime civili, bambini, donne, anziani; sono stati colpiti gli ospedali; la gente non può procurarsi da mangiare... Tutto questo è disumano".
Venuta meno la minaccia dell’Isis, il presidente Bashar al-Assad è determinato a riconquistare gli ultimi territori in mano ai ribelli. E la regione del Ghouta orientale, 15 km da Damasco, appare la vittima predestinata. Questo territorio agricolo abitato da 400mila persone sta vivendo i giorni peggiori da quando, nel 2012, l’opposizione al regime ne prese possesso.
La risoluzione all’esame del Consiglio di Sicurezza dell’Onu ( che prevede un cessate il fuoco per 30 giorni) rischia di essere ricordata come una temporanea sospensione di uno dei più feroci assedi nei sette anni di guerra civile. Da domenica il regime ha lanciato una nuova e violenta offensiva. In sei giorni di bombardamenti hanno perso la vita oltre 400 civili, tra cui 100 bambini. La situazione é disperata.
Per alcuni media il Ghouta è la “nuova Srebrenica”, a ricordare come i civili siano abbandonati a loro stessi senza che nessuno possa, o sia disposto a correre realmente in loro aiuto. Le Nazioni Unite non esitano a definirla la “nuova Aleppo”, perché l’intensità dei bombardamenti, la durata dell’assedio, e il blocco dei convogli umanitari stanno raggiungendo livelli che non avremmo voluto più vedere. Nel suo ultimo, accorato appello, il segretario dell’Onu, Antonio Guterres, non ha esitato a utilizzare la descrizione più drammatica: «L’inferno sulla terra».
Cosa sta accadendo nella regione siriana del Ghouta?
I tentativi del regime di Damasco e di Mosca di minimizzare il bilancio delle vittime stridono con le immagini dei genitori che scavano disperati tra le macerie alle ricerca dei propri figli. Le bombe non hanno risparmiato nemmeno gli ospedali. Solo martedì ne sono stati colpiti sei. Nel Ghouta manca tutto. Dai beni essenziali fino ai farmaci. L'assedio è iniziato nel 2013. Da allora, a intermittenza, il regime ha cercato di sbarazzarsi di questa spina nel fianco, troppo vicina alla capitale che si è mostrata vulnerabile ai tiri di mortaio dei ribelli.
Unicef, 85% bimbi rifugiati Giordania vive in povertà L'85% dei bambini siriani rifugiati in Giordania vive in povertà, il 38% non va a scuola e circa la metà di quelli che hanno meno di cinque anni non ha accesso ad adeguati servizi sanitari: è quanto emerge da un sondaggio dell'Unicef pubblicato oggi e basato sulle risposte da parte di centinaia di famiglie tra i 660mila rifugiati nel Paese. Dal 2011 a oggi, sottolinea lo studio, circa 5,5 milioni di siriani sono fuggiti a causa della guerra e gran parte di loro hanno trovato rifugio in Paesi vicini - come appunto la Giordania - dove però stentano a sopravvivere. I risultati del sondaggio dimostrano che per i piccoli rifugiati siriani è più difficile oggi avere accesso "ai loro bisogni minimi di base", ha detto il rappresentante dell'Unicef in Giordania Robert Jenkins, secondo il quale i Paesi donatori dovrebbero fare di più.