Trattativa Stato Mafia. Il pm Di Matteo "Silenzio assordante da Csm e Associazione nazionale Magistrati"
"Quello che mi ha fatto più male che rispetto alle accuse di usare strumentalmente il lavoro abbiamo avvertito un silenzio assordante e chi speravamo ci dovesse difendere è stato zitto. A partire da Anm e Csm". Così il pm della Dna Nino Di Matteo a proposito delle critiche subite, negli anni, dal pool che ha coordinato l'inchiesta sulla cosiddetta trattativa tra Stato e mafia.
Il pm è entrato poi nel merito dell'inchiesta. "Riteniamo che il sistema politico sapeva" "Non riteniamo che il sistema politico non fosse a conoscenza, ma non abbiamo acquisito elementi che rimandino a qualcuno di preciso. Ci vorrebbe un 'pentito di Stato' che disegni con chiarezza quanto accaduto" ha detto Di Matteo.
"Abbiamo agito nei confronti di quei soggetti che ritenevamo coinvolti su base probatoria solida, ma non pensiamo che quei carabinieri abbiano agito da soli. Non abbiamo avuto prove per agire a livello più alto- ha concluso, "ma riteniamo che quei carabinieri siano stati mandati e incoraggiati a fare quella trattativa" e "avrei auspicato che avessero dato un contributo ulteriore di conoscenza". Di Matteo ha anche detto che "un nome l'avevamo individuato, quello di Calogero Mannino, che in primo grado è stato assolto, è in corso un giudizio di secondo grado". Il pm ha sottolineato che "fin dall'inizio nella nostra posizione accusatoria era presente un elemento politico". Mori, De Donno e Subranni condannati per aver svolto un "ruolo di cinghia" "Gli ufficiali dei carabinieri (gli ex vertici del Ros Mario Mori, Giuseppe De Donno e Antonio Subranni, n.d.r) sono stati condannati per avere svolto un ruolo di cinghia di trasmissione delle richieste della mafia nel '92, quindi rispetto ai governi della Repubblica presieduti da Amato e Ciampi. Mentre l'ex senatore di Fì Marcello Dell'Utri è stato condannato per avere svolto il medesimo ruolo nel periodo successivo a quando Berlusconi è diventato premier. Questi sono stati i fatti per cui gli imputati sono stati condannati. E' un fatto oggettivo" ha spiegato ancora Di Matteo. "Poi resta da capire come mai rispetto al fallito attentato all'Olimpico, nel 1994, 'Cosa nostra' abbandonò le stragi e avviò una lunga fase di tregua nell'evitare il frontale attacco allo Stato. Questo dovrebbe essere uno spunto di riflessione", ha concluso. "Non mi vergogno della stima del M5s" "Non mi devo difendere da niente, ho partecipato a Ivrea intervenendo a un dibattito sulla questione giustizia. Sarei andato ovunque mi avessero invitato altri partiti. Non ho nulla da vergognarmi della stima di alcuni esponenti di M5s e di altri partiti che mi hanno manifestato in qualche occasione. Tutto il resto è bagarre politica" ha precisato infine il pm per il quale "accusare una sentenza di Corte d'assise di rispondere a criteri politici o addirittura partitici è ingiusto, ingeneroso e infondato nei confronti del collegio giudicante".
A proposito delle voci che lo vorrebbero impegnato in politica o in ruoli di responsabilità pubblica e istituzionali diversi da quelli attuali (come fare il ministro, ndr), Di Matteo ha quindi detto "non mi piace parlare di situazioni che non abbiano qualcosa di concreto: ho solo detto e continuo a pensare che non c'è nulla di scandaloso se un magistrato in generale, con determinati paletti e a determinate condizioni, possa dismettere la toga e dare un contributo al Paese sotto un'altra veste in determinati settori, anche accettando incarichi di governo". Per il Pm però "dovrebbe essere regolata meglio dalla legge la possibilità di tornare in magistratura, perché un'esperienza politica comunque pregiudicherebbe l'essere di nuovo magistrato". La replica dell'Anm: sempre difeso magistrati attaccati "L'Associazione Nazionale Magistrati ha sempre difeso dagli attacchi l'autonomia e l'indipendenza dei magistrati". Lo dice il presidente dell'Anm Francesco Minisci. "Lo ha fatto - prosegue - a favore dei colleghi di Palermo e continuerà sempre a difendere tutti i magistrati attaccati, pur non entrando mai nel merito delle vicende giudiziarie".