Sarno. Vent'anni dopo la tragedia quando il fango inghiottì 160 persone

di redazione 05/05/2018 AMBIENTE
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La sera del 5 maggio 1998 una marea nera di fango travolse Sarno, inghiottendo uomini e cose.

I morti furono 137 a Sarno, 11 a Quindici, 6 a Bracigliano, 5 a Siano, 1 a San Felice a Cancello. Il primo smottamento, nella frazione di Episcopio, a Sarno, ci fu poco dopo le 16. Poi, fino alle 24, tra frane e smottamenti, a Sarno, lungo l’intera dorsale pedemontana che va da Episcopio a Lavorate, la montagna venne giù, seppellendo sotto il fango tutto quello che trovava sulla sua strada. Contemporaneamente, alle 18, un’altra ondata di fango travolse la cittadina di Quindici, sul versante avellinese della montagna. Poco dopo un’altra colata raggiunse i paesi di Siano e Bracigliano, sul versante nord di Sarno. Alla base della tragedia l’incuria nella gestione del territorio e un sistema fognario insufficiente. Dopo cinque processi e un iter durato quasi tre lustri, iniziato con due assoluzioni, poi cancellate dalla Cassazione e ribaltate dal nuovo giudizio d’appello, l’allora sindaco, Gerardo Basile, è stato condannato con sentenza definitiva a cinque anni per disastro colposo

 

Centosessanta le vittime. Sarno pago' il prezzo piu' alto, con 137 morti e la frazione Episcopio spazzata via dalle colate di lava fredda che, scese dalla montagna ferita in cinque punti, bypassarono la rete di canali di inizio secolo, troppo a valle per fare da argine. 

A Sarno pioveva ininterrottamente da giorni (250 ore riferiscono le cronache dell'epoca) e nell'ospedale Villa Malta, ai piedi della montagna, sin dal pomeriggio cominciarono ad arrivare i primi feriti. Non immaginavano, ne' loro ne' il personale in servizio, che di li' a poco - intorno alla mezzanotte ci fu la colata che fece il grosso delle vittime - quel luogo di cura sarebbe diventata la loro tomba. I ritardi nei soccorsi, errori di sottovalutazione, un sistema di Protezione civile all'epoca poco collaudato, fecero il resto. Quattrocento famiglie furono sfollate. 

"La natura non fece altro che fare il suo corso - sottolinea Antonio Milone che in quella tragedia perse il padre e che da anni guida l'associazione dei familiari delle vittime - le responsabilita' sono solo degli uomini. Quel che e' successo era prevedibile, ma in questo Paese non c'e' mai stata cultura della prevenzione. E purtroppo non c'e' neanche oggi, ecco perche' dico che quella lezione della natura e' servita solo in parte. Si e' intervenuto su Sarno sulla scorta di un'emergenza, ma il problema resta e riguarda tutti i comuni all'ombra del Vesuvio". 

A venti anni di distanza dagli eventi alluvionali di Sarno, l’incuria e la cattiva gestione del territorio determinano ancora oggi una situazione di rischio idrogeologico molto grave nel nostro Paese”.

Ad affermarlo è Lorenzo Benedetto, Coordinatore Commissione Difesa Suolo del Consiglio Nazionale dei Geologi che spiega: “Ogni qualvolta si manifestano precipitazioni intense, peraltro sempre più frequenti a causa dei cambiamenti climatici in atto, si determinano fenomeni franosi e alluvionali che, impattando con le aree antropizzate, determinano la distruzione dei beni e spesso anche vittime. Per questo motivo – continua Benedetto - occorrerebbe investire molto di più in azioni di prevenzione in modo da ridurre al minimo gli interventi in emergenza. Le risorse per gli interventi strutturali sono insufficienti e spesso vengono utilizzate anche male, nonostante gli sforzi di semplificazione e razionalizzazione del sistema da parte di ItaliaSicura. Pertanto, dovremmo puntare anche sugli interventi non strutturali, ad esempio attraverso l’attivazione dei presidi territoriali sull’intero territorio nazionale, valorizzando proprio l’esperienza che fu avviata nelle zone interessate dagli eventi alluvionali del 1998, in modo da garantirne l’operatività non soltanto nelle fasi emergenziali, ma soprattutto in ‘tempo di pace’, quando si potrebbe fare meglio e molto di più in termini di previsione, prevenzione e mitigazione del rischio idrogeologico” conclude il geologo.

 “Venti anni dopo Sarno la geologia, nonostante la sua esponenziale evoluzione tecnica e scientifica anche con l'utilizzo di strumenti tecnologici avanzati, non ha il ruolo che merita nella prevenzione e gestione del territorio”. Così Francesco Russo, ex Presidente dell’Ordine dei Geologi della Campania che prosegue: “La consolidata consapevolezza dei media e dei cittadini del ruolo del geologo non trova uguale riscontro nelle istituzioni: norme e leggi alla prima occasione relegano il professionista geologo in un ruolo secondario nonostante sia l'unico in grado di leggere il territorio e le sue evoluzioni”. “Per questo e per tante altre ragioni – commenta Russo - vogliamo misurarci nel convegno di Salerno per far valere il concetto che le cicatrici del territorio possono e devono diventare il palinsesto del futuro”.



Oggi, dopo venti anni, Sarno ha visto completarsi l'85% delle opere previste. Ai piedi della montagna sono state realizzate le vasche di contenimento. "Ma e' venuta meno la messa in sicurezza della montagna - osserva Milone - e come associazione abbiamo criticato la ricostruzione negli stessi luoghi. Vogliamo che la lezione serva, prima che si ripeta qualcosa di analogo. Altrimenti ogni sacrificio e' stato inutile".

A Villa Malta, l'ospedale della cittadina quella sera non era di turno Giuseppe Canfora, medico anestesista. Oggi e' il sindaco di una Sarno che si prepara a ricordare i suoi morti con una tre giorni di eventi: "Sono un miracolato - dice - il caso ha voluto che quella sera non fossi di guardia. Ma li' - dice con voce rotta dall'emozione - ho perso tanti amici". Da sindaco la voglia di voltare pagina definitivamente si scontra con la carenza di fondi: "La ricostruzione e' completa, la messa in sicurezza c'e' stata e magari avessimo avuto allora le difese di oggi, non staremmo qui a fare anniversari. Ma Sarno e' stata una sorta di laboratorio da cui e' nata la moderna Protezione Civile". "Abbiamo ricostruito una ottantina di edifici - ricorda - e abbiamo dato la proprieta' dei suoli agli abitanti delle nuove case". Il problema vero, tuttavia, e' la manutenzione. "Dopo la gestione commissariale, e la liquidazione dell'agenzia regionale per la difesa del suolo Arcadis, non e' chiaro a chi competa. Il Comune fa quel che puo' - spiega - ma soldi in cassa non ce ne sono. Ed e' vero che si poteva intervenire meglio sulla montagna ma anche li' ci siamo scontrati con la mancanza di risorse".

Villa Malta resta il cruccio del sindaco: "Ho scritto a De Luca e all'Asl per recuperare la struttura e farne un distretto sanitario". Ad allungare lo strazio dei parenti delle vittime, resta in piedi la questione risarcimenti. Una settantina i giudizi pendenti in sede civile dopo che nel 2013 la Cassazione ha reso definitiva la condanna del sindaco dell'epoca Gerardo Basile. In primo grado sono stati riconosciuti fino a 250 mila euro per erede. "Quando abbiamo rappresentato le cifre al governo - spiega l'assessore comunale al Contenzioso Eutilia Viscardi - sono rimasti a bocca aperta. L'Avvocatura dello Stato ha proposto appello, i tempi saranno lunghi, nel frattempo abbiamo gia' chiuso 11 transazioni per 100 mila euro a vittima, e molte di piu' ne avremmo chiuse se la norma avesse fissato in 200 mila la cifra". Lungaggini e schermaglie che tengono aperte le ferite e che a distanza di venti anni fanno di Sarno una storia in cui la parola fine e' ancora lontana.


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