Assemblea Pd. IL Partito sempre diviso. Non c'è l'accordo per il congresso e le primarie

di redazione 20/05/2018 POLITICA
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Due mozioni diverse, un partito spaccato e alla fine la mediazione in extremis e il rinvio della discussione. Mentre Lega e 5 Stelle fanno le prove di matrimonio e consultano iscritti online o nei gazebo, il partito democratico è andato a una vera assemblea con i mille delegati eletti ha deciso di provare a mantenere l'unità interna, di trovare la rotta, ma lo ha fatto rinunciando al confronto interno. Con un voto a maggioranza l'assemblea ha deciso di cambiare l'ordine del giorno e non discutere sulla guida del partito e il congresso, ma di rinviare il tema a una successiva riunione. Sono stati 397 i voti a favore, 221 i contrari e sei gli astenuti. La successiva relazione di Maurizio Martina, a questo punto, è stata approvata con 294 voti a favore e otto astenuti.

 La mediazione è stata raggiunta in extremis tra i sostenitori di Maurizio Martina, che volevano il voto per il segretario direttamente in assemblea e l'area che fa capo a Matteo Renzi che chiedeva di calendarizzare il congresso. Ma l'accordo non è piaciuto alla minoranza che fa riferimento a Andrea Orlando, Gianni Cuperlo e Michele Emiliano, che si è smarcata e ha votato contro. Al momento della proposta si sono levate proteste dalla platea, che in precedenza aveva fischiato. «Capiamoci, anche basta", ha detto Orfini a chi lo interrompeva.

LA MEDIAZIONE SULLE DIMISSIONI DI RENZI. Tra i "no" ci sarebbero anche quelli di alcuni "renziani" e "martiniani". L'intesa, a quanto si è apprende, è stata di rinviare la discussione sulla gestione del partito e il congresso, dopo che Matteo Orfini ha ribadito che le dimissioni di Renzi sono "irrevocabili". A favore del cambio di ordine del giorno hanno votato i "big" del partito: da Renzi e Martina, a Dario Franceschini, Paolo Gentiloni, Piero Fassino, Ettore Rosato, Lorenzo Guerini. I "martiniani" si dicono soddisfatti perché "di fatto si chiude oggi l'era Renzi". I renziani affermano a loro volta di essere "molto soddisfatti perché alla fine - dice un deputato vicino al segretario - è passata la nostra linea e l'area Martina ha ritirato tutti i suoi documenti.

Il discorso del reggente Martina è stato applaudito da dirigenti con i volti tesi. Il premier Paolo Gentiloni ha lasciato l'assemblea subito dopo la fine del discorso di Martina, salutando Renzi con una stretta di mano. Nel passaggio finale dell'intervento del reggente, una parte della platea, soprattutto delegati della minoranza, lo hanno applaudito fragorosamente, acclamandolo: «Segretario, segretario».

 

RENZIANI PER CONGRESSO SUBITO. Le riunioni dei dirigenti dem erano proseguite fino all'inizio dell'assemblea. I renziani avevano raccolto le firme per un ordine del giorno per il congresso subito: è «necessaria una riflessione ampia che coinvolga tutti i nostri iscritti e militanti, sul futuro del nostro partito e sulla proposta politica da avanzare per il Paese capace di contrastare la deriva populista e di destra che emerge dall'accordo di governo raggiunto tra Lega e Movimento 5 Stelle; tale discussione deve avvenire in sede congressuale; si chiede per queste ragioni che si proceda con l'avvio immediato del percorso congressuale e ai relativi adempimenti previsti dallo statuto», si leggeva nel testo.

 Invece l'ordine del giorno dell'area di Martina chiedeva il congresso anticipato, ma con l'elezione del segretario in assemblea «per non lasciare il partito senza guida in una fase delicata per il Paese». Il documento, prevedeva che si procedesse «all'elezione di un segretario in Assemblea ai sensi dell'articolo 3 comma 2 dello Statuto nazionale del partito» e «di riconvocarsi per procedere» all'indizione del congresso anticipato che si dovrà svolgere entro quest'anno».

«ORA DOBBIAMO ANDARE PER LE STRADE». Prima dell'inizio dell'assemblea Lorenzo Guerini, coordinatore del Pd, renziano e dato come possibile candidato in vece di Renzi si è detto ottimista «c'è la possibilità di fare una buona Assemblea dall'esito condiviso. Adesso è importante lavorare insieme contro un governo nettamente caratterizzato a destra».
Stessa linea per Teresa Bellanova: «Il nostro popolo ha bisogno di un partito impegnato a far conoscere la pericolosità del Contratto di Lega e M5S. Andiamo nelle piazze e nelle strade, invece di litigare al nostro interno. Sono arrabbiata con tutti quelli che invece di fortificare la casa lavorano per demolirla. E alla fine si è deciso di rinviare il punto dolente. Quello della leadership e della dirigenza.


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