Cronista russo ucciso a Kiev. Babchenko ex soldato in Cecenia e giornalista critico verso Putin
Il giornalista russo Arkady Babchenko è stato ucciso a colpi di arma da fuoco nel suo appartamento a Kiev. Lo riferisce Interfax. Il cronista è considerato un critico del Cremlino. Aveva lasciato la Russia nel 2017 dopo aver ricevuto "minacce".
Babchenko, stando alle prime informazione pubblicate da media russi e ucraini, sarebbe stato colpito alla schiena da tre proiettili mentre stava rientrando nel suo appartamento.
Sua moglie era in bagno al momento dell'attacco e lo ha ritrovato nel corridoio coperto di sangue. Il giornalista (e veterano di guerra) sarebbe morto in ambulanza prima di raggiungere l'ospedale. La polizia di Kiev, riporta Meduza, ha emesso un comunicato in cui sostiene apertamente che Babchenko è stato ucciso a causa del suo lavoro di giornalista. Il Comitato Investigativo russo ha controbattuto aprendo un'inchiesta e promettendo di non lasciar cadere nel vuoto "questi crimini crudeli contro i nostri concittadini".
Il giornalista - e veterano di guerra - sarebbe morto in ambulanza prima di raggiungere l'ospedale.
Nato nel 1977, Babchenko aveva combattuto nelle forze armate russe nei due conflitti in Cecenia, per poi abbandonare la divisa 2000 e dedicarsi al giornalismo, lavorando come corrispondente di guerra per Moskovsky Komsomolets e Zabytyi Polk. Successivamente ha scritto anche per Novaya Gazeta e ha pubblicato libri, uno dei quali pubblicato anche in Italia, da Mondadori, con il titolo 'La guerra di un soldato in Cecenia'.
Aspro critico del presidente Vladimir Putin, Babchenko si era schierato contro la destabilizzazione dell'Ucraina da parte della Russia e aveva coperto il conflitto con i suoi reportage. Poi, nel febbraio del 2017, in seguito ad una campagna d'odio nei suoi confronti per aver scritto un post su Facebook in cui sostanzialmente si dichiarava indifferente per l'incidente aereo del Natale 2016 costato la vita all'intero coro Alexandrov Ensemble, aveva deciso di lasciare la Russia, trasferendosi prima a Praga e poi a Kiev, dove lavorava per la tv ATR. "Qui non mi sento più sicuro", aveva scritto elencando tutte le minacce che aveva subito dopo quel post, anche da parte del deputato ultranazionalista Vitaly Milonov e dal senatore Frants Klintsevich.
Quella di Babchenko è solo l'ultima di una serie di morti sospette - tutte di critici di Mosca - avvenute a Kiev negli ultimi mesi. Nel marzo del 2017, Denis Voronenkov, ex deputato del partito comunista e anche lui schierato contro la guerra in Ucraina era stato freddato a colpi di pistola nelle strade del centro città.
Il network Tsargrad, guidato da Alexander Dugin, definito da molti osservatori come l'ideologo di Putin (sebbene questa sia una tesi alquanto controversa e tutta da provare), lo aveva ad esempio inserito al decimo posto dei 100 russofobi più pericolosi.