Alitalia, prima vittima della crisi Francia Italia?
Air France-Klm si sfila dal salvataggio di Alitalia. Lo scrive Il Sole 24 Ore, citando fonti autorevoli, secondo le quali "la decisione è dovuta a motivi politico-istituzionali in seguito al richiamo a Parigi dell'ambasciatore a Roma.
Le Fs, scrive il quotidiano, erano in attesa dell'impegno ufficiale del cda di Air France-Klm (che nell'ipotesi sul tavolo avrebbe partecipato all'operazione insieme a Delta), "ma ieri è arrivato il no di Parigi".
A un mese e venti giorni dalla data termine per la stretta decisiva sul dossier Alitalia, Air France avrebbe deciso di sfilarsi dalla partita per il salvataggio della compagnia aerea: una decisione dovuta a «motivi politico-istituzionali», scrive Il Sole 24 Ore, dopo la decisione di Parigi di richiamare il proprio ambasciatore a Roma. Si guarda ormai alla fine di marzo come orizzonte probabile per la definizione del nuovo partner. Ad indicarlo come timing possibile è uno dei tre commissari straordinari, Stefano Paleari, che dopo 21 mesi di amministrazione straordinaria in cui si è riusciti «nell'obiettivo di mettere in sicurezza la compagnia», si attende ora il decollo della nuova Alitalia per l'estate.
«Se tutto va bene, il signing con la scelta del o dei partner e il piano industriale sarà siglato entro marzo e il closing prima dell'estate. Si tratta di un passaggio importante su cui c'è fiducia», spiegava il 7 febbraio Stefano Paleari, uno dei tre commissari straordinari, al Sole, snocciolando i dati economici che confermano il miglioramento avvenuto: dopo gli oltre 3 miliardi di fatturato del 2018, gennaio si è chiuso con un +4%; il lungo raggio «sta dando i frutti sperati» (il fatturato dei voli intercontinentali rappresenta il 48% del giro d'affari); in cassa a fine gennaio ci sono 474 milioni, ma - rassicura Paleari - «il tempo consuma, ma non esaurisce», «non c'è alcun problema di continuità». Piuttosto, verrebbe da dire, il problema a questo punto è diventato prettamente politico.
Una conferma indiretta del fatto che Air France non è più della partita lo ha data il vicepremier Luigi Di Maio spiegando: «Sto seguendo il dossier Alitalia da diversi mesi. L'entusiasmo di Air France non si è raffreddato adesso», una dichiarazione da cui si evince che il raffreddamento effettivamente c'è stato, ma che non sarebbe, secondo il governo, direttamente collegato alla crisi diplomatica in corso che - tuttavia - va anche detto non è esplosa all'improvviso negli ultimi giorni.
Sul tema si sono subito schierate le opposizioni. "Si dissolvono come neve al sole i piani di Di Maio su Alitalia e si avvicina sempre più la nazionalizzazione. Un macigno per le casse pubbliche in questa fase di recessione e di ulteriore crescita del debito pubblico provocate dal governo gialloverde. A cinquanta giorni dalla chiusura del negoziato Fs manca ancora il partner industriale e il piano di ristrutturazione, prosegue solo il prosciugamento quotidiano della cassa". Lo dichiara il deputato Maurizio Carrara, responsabile Industria di Forza Italia alla Camera. "Il ministro Di Maio - prosegue Carrara - nel mese di ottobre ci aveva assicurato che c'erano tanti partner interessati ad Alitalia e bisognava solo scegliere. Noi non li abbiamo ancora visti. Nel frattempo l'ex compagnia di bandiera italiana fra 140 giorni deve restituire il prestito ponte di ben 900 milioni ed è sotto la lente Ue sia per gli aiuti di stato sia probabilmente per le operazioni di fusione. L'incompetenza e l'incapacità di Di Maio ritarda e aggrava il dossier Alitalia danneggiando ulteriormente la nostra economia" conclude Carrara.
Le Relazioni industriali e finanziarie tra Italia e Francia
Francia e Italia sono legate da una relazione economica oltre che politica molto stretta e di antica tradizione ma che si è fatta più intensa negli anni recenti. Nel 2017 gli scambi commerciali fra i due Paesi sono stati pari a 76,6 miliardi; se si guarda agli investimenti diretti, la Francia è fra i primi paesi impegnati in Italia, dove controlla oltre 1.900 imprese in cui lavorano 250 mila dipendenti.
L'Italia è invece all'ottavo posto fra gli investitori stranieri nelle imprese francesi: uno squilibrio, si legge nella relazione del ministero degli Esteri francese sulle relazioni bilaterali, che dipende dalle "specificità economiche strutturali di ogni paese". Secondo l'analisi del Quai d'Orsay, in particolare, "l'Italia ha un settore manifatturiero più importante (16% del Pil contro l'11% in Francia) che sostiene il suo saldo commerciale".
Il settore in cui gli investitori francesi sono maggiormente presenti in Italia è quello dei servizi bancari ei assicurativi. Non solo gli amministratori delegati di due colossi come Generali e Unicredit sono francesi (rispettivamente, Philippe Donnet a Trieste e Jean Pierre Mustier a Milano), ma i due più grandi gruppi bancari francesi, Bnp-Paribas e Credit Agricole, hanno una significativa presenza in Italia. I primi, nel 2006, con un'opa hanno conquistato Bnl, l'ex Banca Nazionale del Lavoro; i secondi, per lungo tempo fra i principali azionisti di Intesa, in occasione della fusione di quest'ultima con il Sanpaolo, hanno acquisito Cariparma e Friuladria, per poi comprare anche Carispezia e salvare tre piccole casse di risparmio. Amundi, di cui Credit Agricole è azionista di controllo, ha infine comprato da Unicredit la società del risparmio gestito Pioneer, battendo la concorrenza di Poste. Bnp-Paribase CreditAgricole, inoltre, sono fra i principali attori italiani del credito al consumo, rispettivamente con Findomestic e Agos Ducato. L'imprenditore bretone Vincent Bollorè è il secondo azionista di Mediobanca (con circa l'8% del capitale), e attraverso Vivendi è il primo socio di Telecom Italia (24% circa) e il secondo di Mediaset (28,8%). Groupama ha acquistato Nuova Tirrenia da Generali.
Nel lusso, il gruppo Lvmh guidato da Bernard Arnault controlla Bulgari, Fendi, Emilio Pucci, Loro Piana, Acqua di Parma, Cova, Cipriani a Venezia, Splendid a Portofino, mentre Kering (ex Ppr) di Francois-Henri Pinault ha fra le sue controllate Gucci, Bottega Veneta, Brioni, Richard Ginori, Brioni, Pomellato. Nell'industria alimentare, due fra i principali marchi del settore lattiero sono in mano francese: Lactalis della famiglia Besnier controlla infatti Galbani e Parmalat, mentre anche la società Eridania è controllata al 100% dal colosso francese Cristal Union dal 2016. Quanto all'energia, Edison fa capo alla francese Edf, e il secondo socio di Acea, con il 23,33%, è Engie (ex Suez-Gaz de France).
Anche la grande distribuzione d'oltralpe è presente in forze in Italia con i marchi Carrefour, Auchan, Decathlon, Leroy Merlin. Storica è poi la partnership italo-francese di St Microelectronics.
Molto più contenuta la presenza di azionisti italiani in imprese francesi: poco più di un migliaio, per meno di 100 mila dipendenti. Generali è presente con 7.500 dipendenti, Fiat con 7 mila, Autogrill con 3.500 e poi ci sono Campariche ha acquisito il controllo di Grand Marnier e Lavazza che ha comprato Carte Noir. Atlantia ha la quota di maggioranza (75%) del consorzio che ha acquistato il 60% dell'aeroporto di Nizza (il restante 25% è di Edf). L'anno scorso, Fincantieri ha acquisito i cantieri di Saint-Nazare ma l'operazione deve ancora passare al vaglio dell'Antitrust europeo. Due importanti operazioni sono state infine realizzate negli ultimi anni dall'imprenditore Leonardo Del Vecchio. La più famosa riguarda senza dubbio Luxottica, che si è fusa con Essilor, creando un gigante il cui primo azionista è italiano ma che sarà per ora quotato soltanto alla Borsa di Parigi, dove sarà anche la sede sociale della società. Più recentemente poi, Beni Stabili e Foncières des Règiones si sono fuse per formare Covivio.