Rimborsi elettorali. Prescritti i reati per Bossi e Belsito. Resta la confisca dei 49 milioni
Prescritto il reato di truffa per Umberto Bossi e Francesco Belsito. Quest'ultimo resta responsabile del reato di appropriazione indebita: per lui ci sarà in questo caso la rideterminazione della pena in Appello.
Lo ha deciso la Cassazione che si è pronunciata in merito al processo sulla truffa ai danni dello Stato per i rimborsi elettorali. I giudici hanno anche confermato la confisca dei 49 milioni alla Lega, mentre cadono le confische personali.
Una parte di quei rimborsi elettorali truffaldini sono stati incassati dalla Lega anche dopo il "movimento delle scope" del 5 aprile 2012 che aveva defenestrato Bossi (che lasciò ai suoi successori in bilancio un attivo da 41 milioni). Nel periodo in cui la segreteria leghista è stata retta da Roberto Maroni, nelle casse dei lumbard sono stati versati dal Parlamento quasi 13 milioni oggetto della truffa, e 820mila euro durante la segreteria Salvini.
Ma al di là di quanto sia l'importo, che fine hanno fatto quei milioni di euro che, secondo l'accusa, Bossi e Belsito hanno ottenuto da Camera e Senato falsificando i rendiconti delle spese elettorali? Perché, se il governatore della Lombardia e l'attuale segretario sapevano della truffa (Salvini s'è addirittura costituito parte civile), hanno continuato a incassarli, e, soprattutto, a spenderli, visto che la Lega è stata costretta a licenziare il personale per essere rimasta senza un euro in bilancio?
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Lega, sui 49 milioni truffati allo Stato una carta coinvolge Salvini e Maroni
DI ALBERTO CUSTODERO E MARCO PREVE
Nel 2014 la Lega, da alcuni mesi guidata da Matteo Salvini come segretario, incassò parte dei 49 milioni di rimborsi elettorali ai quali ora la procura di Genova sta dando la caccia perché oggetto di una truffa. Secondo la sentenza del tribunale che in primo grado aveva condannato Umberto Bossi e il tesoriere Francesco Belsito - oggi è arrivata la prescrizione - sono soldi che devono tornare nelle casse dello Stato.
Salvini, nel frattempo diventato ministro dell'Interno e vicepremier, ha sempre preso le distanze da quei denari sostenendo, senza fornire spiegazioni dettagliate, che lui non ne sa nulla se non che "sono stati spesi in dieci anni". Una presa di distanza condivisa, se non nei toni almeno nella sostanza, con il suo predecessore alla guida del Carroccio, Roberto Maroni.
"La sentenza della Cassazione - ha commentato a caldo Salvini - non mi cambia la vita".
La procura genovese, che dopo una serie di pronunce discordi è stata alla fine autorizzata dalla Cassazione a procedere al sequestro dei soldi della Lega (fino ad oggi la Finanza è riuscita a mettere le mani solo su un paio di milioni di euro), sospetta che una parte di quei 49 milioni abbia seguito percorsi "carsici" fra l'Italia, il Lussemburgo e ritorno. Un viaggio iniziato con la segreteria di Maroni e proseguito con quella di Salvini.
L'ipotesi investigativa è che una decina di milioni di euro dopo essere stati depositati presso la Sparkasse di Bolzano vennero dispersi fra alcune fiduciarie riconducibili a soggetti vicini alla Lega per poi rientrare, nel 2016, in un conto di "transito" della Cassa di Risparmio di Bolzano. In quello stesso anno Sparkasse investe dieci milioni di euro nel fondo di investimento lussemburghese Pharus Management.
Nel gennaio dell'anno scorso tre di quei milioni compirono il percorso inverso per rientrare nei depositi della banca. Secondo la procura, che si muove anche sulla base di una segnalazione delle autorità del Lussemburgo all'anti riciclaggio di Bankitalia, quelli sono i soldi dei rimborsi truffa.
Al centro del procedimento, i rimborsi elettorali ricevuti dall'allora Lega Nord tra il 2008 e il 2010, per un totale di 48.969.617 euro.
Nel luglio 2017 si arriva alle condanne di primo grado del fondatore della Lega (2 anni e 5 mesi), di Belsito (4 anni e 10 mesi) e di altre 5 persone (tre dipendenti del partito e due imprenditori). Con quella sentenza, i giudici di Genova disposero anche la confisca diretta di quasi 49 milioni a carico del Carroccio, perchè "somma corrispondente al profitto, da tale ente percepito, dai reati per i quali vi era stata condanna".
Di conseguenza, la Procura di Genova aveva chiesto e ottenuto, nel settembre 2017, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca della somma indicata. Ma le cifre effettivamente sequestrate ammontavano allora a poco più di 2 milioni.
Qui si era inserita la richiesta dei Pm genovesi di estendere l'esecuzione del sequestro, richiesta poi respinta dal Riesame di Genova. La Cassazione, però, con la sua decisione del 12 aprile 2018, ha accolto il ricorso della Procura e ha stabilito "l'esistenza di disponibilità monetarie della percipiente Lega Nord che si sono accresciute del profitto di reato, legittimando così la confisca diretta del relativo importo".
Un accordo tra Procura di Genova e gli avvocati della Lega Nord, raggiunto lo scorso settembre, aveva disposto la restituzione a scaglioni della somma in rate da 100 mila euro a bimestre. Con un piano di pagamenti da 600mila euro l'anno, la restituzione avverrà in 80 anni.