Libia. Russia e Turchia per il cessate il fuoco. Haftar chiede "aiuto" all'Italia

di redazione 09/01/2020 ESTERI
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Il Consiglio presidenziale del governo di accordo nazionale libico (Gna) "accoglie con favore qualsiasi appello alla ripresa del processo politico e ad allontanare lo spettro della guerra, in conformità con l'Accordo politico libico e il sostegno alla Conferenza di Berlino patrocinata dalle Nazioni Unite". Lo si legge in una nota del Gna pubblicata dopo l'incontro di ieri ad Istanbul tra il presidente russo Putin e quello turco Erdogan nel quale i due hanno proposto tra le altre cose "un cessate il fuoco in Libia a partire dalla mezzanotte di domenica prossima".

Ieri l'appello dopo il colloquio a porte chiuse di oggi tra i due leader a Istanbul. 

"Una pace solida e stabile in Libia può essere raggiunta solo mediante un processo politico condotto ed effettuato dai libici e basato su un dialogo franco e inclusivo fra loro" veniva detto in una dichiarazione congiunta dei due. I due leader hanno constatato inoltre che "scommettere su una soluzione militare del conflitto porterebbe solo a ulteriori sofferenze e renderebbe più profondi i dissidi fra i libici". 

GLI INCONTRI

Nella continua ricerca di un proprio posizionamento sulla Libia, il governo compie in un solo giorno una sfilza di mosse, con esiti che potranno essere soppesati solo nel prossimo futuro. A Roma, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte organizza a Palazzo Chigi due distinti vis à vis diplomatici coi leader in guerra: il primo, pomeridiano, col generale Khalifa Haftar, dura tre ore; il secondo, col premier del governo di accordo nazionale arroccato a Tripoli, Fayez al-Sarraj, invece salta. Quest’ultimo, di ritorno da un incontro a Bruxelles con le istituzioni europee, appena appreso che il premier italiano è a colloquio col suo acerrimo nemico, se ne torna direttamente a Tripoli.
 
«Non ci possono essere dialoghi o incontri con il criminale di guerra Haftar», protesta l’ambasciatore libico presso l’Ue Hafed Gaddur. Intanto al Cairo va in scena un secondo copione: durante la riunione sulla Libia (alla quale partecipano Francia, Italia, Egitto Cipro e Grecia), il ministro degli Esteri Luigi Di Maio non firma la dichiarazione conclusiva, giudicata troppo sbilanciata, dopo essersi «battuto per smussare la dura posizione degli altri Paesi nei confronti della Turchia» (che ha dispiegato 35 militari in Tripolitania) «e di Sarraj». Il processo di Berlino, per il titolare della Farnesina, «non ci deve vedere sbilanciati da una sola parte, ma in prima linea per dialogo e moderazione. Non dobbiamo spaccare l’Ue». In mattinata Josep Borrell, Alto rappresentante per la politica estera Ue ha incontrato al-Sarraj. E Di Maio confida nel Consiglio europeo di venerdì, sperando che si possa fissare una data per la Conferenza di Berlino.

Finora, va ricordato, nel tormentato scenario libico il premier Conte ha sempre cercato la linea della "equidistanza", provando pervicacemente a dialogare con entrambe le parti in conflitto: a Palermo, un anno fa, la sua mediazione riuscì a favorire una simbolica (benché effimera) stretta di mano fra il politico tripolino e il generale della Cirenaica. In serata, alcune fonti diplomatiche addebitano il brusco rinvio «a una fake news abilmente fatta girare in Libia per cui Conte voleva far incontrare Sarraj con Haftar. Cosa che ha scatenato polemiche fortissime in Libia». C’è chi assicura che i contatti con Tripoli restano e che presto potrebbe avere luogo una telefonata fra Conte e Sarraj. Dal canto suo, Haftar ha lasciato Palazzo Chigi senza commentare: la notizia dell’appello russo-turco per il cessate il fuoco l’ha appresa in diretta da Conte, durante l’incontro.

 

Sul fronte interno, le opposizioni di centrodestra attaccano, con la presidente di Fdi Giorgia Meloni che deplora «l’irrilevanza del governo» e il leader della Lega Matteo Salvini, che dà a Conte del «dilettante allo sbaraglio», poiché secondo protocollo «prima si riceve un capo di governo riconosciuto, dopo un generale». Lo scontro politico potrebbe rinfocolarsi il 15 gennaio, quando il ministro Di Maio riferirà in Senato sulle crisi in Iran, Iraq e Libia. Tuttavia, il fatto che il Parlamento si spacchi anche sui delicati dossier di politica estera non piace al premier Giuseppe Conte che, per cercare un’unità di intenti, ha convocato per venerdì mattina a Palazzo Chigi una riunione coi rappresentanti di maggioranza e opposizione.
 
Nell’incontro, al quale dovrebbero prender parte anche Di Maio e il ministro della Difesa Lorenzo Guerini, si discuterà delle missioni nell’area mediorientale e della situazione in Libia (dalla quale, precisa lo Stato maggiore della Difesa smentendo alcune voci, i 300 militari italiani non si ritireranno). Un idem sentire fra maggioranza e opposizione non dispiacerebbe neppure al Colle: ieri, il premier e il presidente della Repubblica Sergio Mattarella si sono confrontati al telefono sullo scenario della crisi iracheno-iraniana. Il capo dello Stato, si fa sapere dal Quirinale, segue l’evolversi della crisi mediorientale e auspica sul fronte libico uno sforzo dell’intera comunità internazionale.
 
LA SMENTITA
A tarda sera di mercoledi 8 gennaio era arrivata la notizia, poi smentita, che il presidente al-Sarraj appena rientrato in patria sarebbe stato bloccato da miliziani armati. Secondo i social, che citavano fonti dell’esercito di Haftar, sarebbe accaduto all’aeroporto di Mitiga. Ma l’ambasciatore libico presso la Ue Hafed Gaddur però smentisce: "Siamo rientrati insieme a Tripoli e non è successo nulla"


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