La "guerra" di Trump a Twitter
Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo per ridurre l’immunità di cui godono i social per i contenuti dei loro siti che li protegge da eventuali cause. È questa la mossa pensata dal tycoon dopo lo scontro nato con Twitter che ha introdotto uno strumento di verifica delle informazioni diffuse sulla propria piattaforma che, tra gli altri, ha bollato come “potenzialmente fuorvianti” alcuni tweet del presidente su possibili brogli dovuti al voto per posta negli Usa.
tutto risale a qualche giorno fa, quando ben due tweet del presidente americano sul voto per corrispondenza vengono contrassegnati da Twitter con un punto esclamativo. Una segnalazione vera e propria dovuta al fatto che, come ha spiegato un portavoce di Twitter al New York Times, quei tweet «contengono informazioni potenzialmente fuorvianti sulle modalità di voto e sono state etichettate per fornire ulteriore contesto». Apriti cielo! Trump non ha perso tempo per attaccare Twitter, e ne è venuta fuori una discussione ai limiti del contraddittorio sul ruolo dei social network. In queste ore si è aggiunto il commento di Jack Dorsey, ceo di Twitter, che con un tweet ha ribadito che il social network «continuerà a segnalare informazioni errate o contestate sulle elezioni a livello globale
L’ordine esecutivo ha come obiettivo l’immunità concessa alle società attraverso la Sezione 230 del Communications Decency Act. Senza un’azione congressuale, tuttavia, ci sono limiti a ciò che un presidente può fare con l’ordine esecutivo. “Siamo qui oggi per difendere la libertà di parola da uno dei maggiori pericoli”, ha dichiarato l’inquilino della Casa Binaca durante una breve cerimonia di firma presso l’Ufficio Ovale alla Casa Bianca.
Il presidente degli Stati Uniti, dopo aver annunciato ieri una riflessione sulla possibilità di regolamentare la libertà delle piattaforme o, addirittura, di chiuderle, è passato ai fatti per rendere più facile per le Authority, come la Federal Trade Commission, intervenire per accertare se compagnie come Twitter, Facebook, Google o Youtube sopprimano la libertà di espressione quando sospendono gli utenti, segnalano o cancellano i loro post. “Questo sarà un grande giorno per i social media e l’imparzialità”, aveva twittato il presidente.
La portavoce della Casa Bianca, Kayleigh McEnany aveva annunciato il provvedimento anche se non era stato diffuso alcun dettaglio attraverso i canali ufficiali: nel briefing con i giornalisti McEnany avevaconfermato che l’ordine esecutivo riguarda le protezioni legali di cui godono per i contenuti sulle loro piattaforme, e ha ribadito l’accusa che essi censurano le voci dei conservatori.
Da parte sua, il Ceo di Twitter, Jack Dorsey, in tre tweet aveva annunciato che “continueremo a segnalare informazioni errate o contestate sulle elezioni a livello globale”. I tweet di Trump, ha continuato il capo del social, “potrebbero indurre le persone a pensare erroneamente che non è necessario registrarsi per ottenere una scheda elettorale”. E, anticipando l’intervento di Zuckerberg, ha anche specificato che segnalare le informazioni errate “non ci rende un arbitro della verità”.
Il Presidente degli Stati Uniti deve grossa parte del suo successo in realtà proprio ai social. A Twitter e Facebook in particolare, che durante la campagna elettorale per le Presidenziali del 2016, lo hanno visto primeggiare nei confronti dell'avversaria Hillary Clinton.
Mentre la maggior parte dei sondaggi davano la Clinton in testa, Trump sfoderava tutta la sua potenza di fuoco sui social, ottenendo interazioni tre o quattro volte più alte rispetto a quelle ottenute dalla candidata democratica. Ma furono in pochi a rendersene conto. Trump è stato l'esempio globale più evidente di come i social network possano influenzare le elezioni politiche (in Italia è successo con il MoVimento 5 Stelle e con la Lega di Salvini). Quella contro la Clinton è stata più che altro la vittoria dei suoi spin doctor, gli strateghi che hanno riversato sui social una campagna elettorale fatta di toni accesi e messaggi spesso discutibili. In molti si sono chiesti, e si chiedono ancora, se senza i social network Trump avrebbe vinto quelle elezioni. Oggi il tycoon può contare su oltre 80 milioni di follower su Twitter e quasi 30 milioni di seguaci su Facebook. Numeri clamorosi, che in vista delle prossime elezioni presidenziali sono una bomba a orologeria. E anche per questo il tycoon è preoccupato dalle “etichette” di Twitter, perché è consapevole che i suoi messaggi più efficaci vanno spesso al di là dei fatti. E un eventuale freno alla condivisione dei contenuti, potrebbe essere un bel problema.