Mafie. Relazione DIA. "A Roma laboratorio criminale in cui le criminalità straniere e italiane convivono per spartirsi gli affari illegali"
E’ un quadro molto inquietante e preoccupante quello disegnato dall’ultima relazione semestrale della Dia nel capitolo dedicato a Roma, “uno scenario delinquenziale complesso ed eterogeneo, caratterizzato da elevata dinamicità”. Dove “se da un lato è necessario evidenziare la presenza di più sodalizi che agiscono secondo canoni mafiosi, stringendo accordi con altre organizzazioni, dall’altro si registra una forma di criminalità comune, anch’essa spesso organizzata, piuttosto diffusa soprattutto in alcuni quartieri periferici degradati”.
Un fenomeno “non completamente nuovo” (la banda della Magliana già negli anni 70’ e ‘80 intratteneva rapporti con Cosa nostra e camorra) mentre appare recente “una sorta di nuova tendenza alla violenza, riconducibile a soggetti criminali emergenti nell’ambito della gestione delle piazze di spaccio degli stupefacenti”.
“La diffusione di ricchezza – spiegano gli analisti della Dia – e le opportunità di investimento offerte costituiscono da anni un’attrattiva per le proiezioni mafiose che, al di fuori delle aree d’origine, hanno a lungo mirato, in via principale anche se non esclusiva, a reinvestire i capitali illecitamente accumulati”. Obiettivo questo favorito “dalle innumerevoli attività economiche e commerciali, con una conseguente, maggiore facilità di mimetizzazione”.
Ma il riciclaggio non è l’unico interesse criminale perseguito dalle consorterie mafiose attive nella ‘città eterna’: il settore della droga resta “quello che, più di altri, ha polarizzato a fattor comune gli interessi di tutte le organizzazioni”, mentre continua “l’espansione dell’usura, attività tradizionale della criminalità romana” e cresce l’interesse “per il gioco, lecito e illecito”.
La malavita romana: chi sono i protagonisti:
Spada, Casamonica, Gambacurta, Senese, Pagnozzi, Triassi, Fasciani, Costagliola, Sanguedolce. Cognomi di famiglie importanti a Roma, citati e raccontati più volte nelle ordinanze dei giudici che negli ultimi anni hanno emesso una serie di sentenze importanti che hanno portato a centinaia di arresti.
Gruppi noti che hanno intrecci in affari con camorra, 'ndrangheta e mafia siciliana. Ma nella Città Eterna non ci sono solamente loro a spaziare nel panorama criminale, anzi. Sono tanti i gruppi stranieri che hanno preso sempre più potere negli anni.
L'aspetto multietnico della criminalità nella Capitale merita un paragrafo apposito nella relazione della Dda: "Pur in assenza, nel semestre, di evidenze eclatanti, appare variegato il complesso delle consorterie che, nella gran parte dei casi, mantengono rapporti con i Paesi di origine, dei quali hanno anche conservato la mentalità ed il modus operandi. Il ricorso alla violenza e ad atti di intimidazione diventa funzionale non solo a garantire la coesione interna degli associati, ma anche a ridurre le vittime in una condizione di assoggettamento, inducendo ad un comportamento di omertà, rendendo più difficoltosa l'azione di repressione e talora la rilevazione stessa del fenomeno". Particolarmente attive risultano le consorterie albanesi, nigeriane, cinesi.
Gli albanesi si occupano di narcotraffico, "sfruttamento della prostituzione e alla commissione di reati predatori, spesso anche con l'uso di armi da fuoco", sono violenti e sempre più potenti come dimostrano le operazioni che hanno raccontato anche le sfumature della cosiddetta batteria di Ponte Milvio di cui faceva parte anche Fabrizio Piscitelli, alias Diabolik.
Rilevante è la figura di Dorian Petoku, di professione personal trainer, ma nella vita uomo con il curriculum criminale lungo arrestato nell'ambito dell'indagine 'Brasile Low Cost' (narcotraffico con i Casamonica), nei guai anche per l'operazione Lucifero (spaccio tra la Marranella e Acilia) e l'operazione Re Mida.
La criminalità nigeriana risulta "dedita prevalentemente al traffico di esseri umani, allo sfruttamento della prostituzione e al narcotraffico, quest'ultimo anche in osmosi con organizzazioni criminali albanesi" spiega l'Antimafia che aggiunge: "Non si può escludere in futuro l'affermazione anche nella Capitale di associazioni criminali di matrice nigeriana in analogia a quanto accaduto in altre aree del territorio nazionale. Una presenza che in un primo momento potrebbe non emergere in modo evidente, in quanto confinata all’interno della stessa comunità etnica proprio a causa delle condizioni di assoggettamento ed omertà ingenerate dai cruenti metodi di intimidazione di questi cult".
La criminalità cinese - le cui attività non sono più circoscritte al quartiere Esquilino, ma si estendono alle zone Casilina, Tuscolana, Appia e in direzione di Ostia Lido - si occupa di "estorsioni e rapine, quasi esclusivamente nei confronti di propri connazionali, sfruttamento della prostituzione, reati finanziari (a cui si affiancano attività illecite di money transfer), nonché alla detenzione e spaccio di metanfetamina, gestita in regime di sostanziale monopolio. A queste attività tali gruppi affiancano il traffico delle merci contraffatte provenienti dalla Cina e, ovviamente, il riciclaggio".
Emblematica in tal senso è l'operazione del 12 ottobre 2019, con la quale tre cinesi sono state denunciate per riciclaggio perché individuate all'aeroporto di Fiumicino con al seguito 2,7 milioni di euro, nascosti all'interno di valigie. Gli accertamenti sono scattati dopo che erano stati verificati frequenti viaggi delle prevenute da e per la Cina.
Quindi la criminalità romena è impegnata in "delitti contro il patrimonio, lo sfruttamento della prostituzione ma anche della manodopera maschile destinata al lavoro nero nell'edilizia e nell'agricoltura". La criminalità georgiana attiva a Roma si occupa invece di "furti in abitazione, alla ricerca di gioielli ed altri preziosi che vengono immediatamente rivenduti ad una rete di ricettatori".
Non è finifta. A Roma sono operativi affiliati alle ‘ndrine originarie del reggino, esponenti di Cosa nostra e di clan di camorra ma negli anni hanno guadagnato spazio anche famiglie di origine nomade come i Casamonica, capaci di esercitare attraverso la violenza un rigido controllo del territorio e di acquisire, tramite intestazioni a prestanome e a società schermo, bar, ristoranti, discoteche e centri estetici.
Rimanendo nell’ambito cittadino ma spostando l’attenzione verso il mare, la relazione della Dia ricorda come, per lungo tempo, vari sodalizi autoctoni si siano ripartiti gli affari del litorale, anche con azioni e contrapposizioni violente: “il territorio del lido di Ostia è stato profondamente infiltrato dalla criminalità organizzata che si è adoperata per la spartizione delle attività imprenditoriali, per la gestione del traffico di stupefacenti e, in tempi più recenti, nel controllo delle attività di balneazione”. Il tutto con una escalation di atti intimidatori, quando ai Fasciani sono subentrati gli Spada.