Acqua sulla luna. La Nasa dice che è accessibile. Ritorna il sogno di realizzare basi umane sul nostro satellite

C’è acqua sulla Luna e potrebbe essere più accessibile del previsto.
Il telescopio volante SOFIA (Stratospheric Observatory for Infrared Astronomy) della Nasa ha rivelato per la prima volta la “firma” della molecola di acqua (H2O) nel Clavius Crater, uno dei più grandi crateri visibili dalla Terra, situato nell'emisfero meridionale della Luna. L’annuncio della scoperta, descritta nel dettaglio sulle pagine della rivista specializzata Nature, arriva direttamente dalla Nasa, nel corso di una conferenza stampa dedicata trasmessa in streaming.
Un secondo studio, pubblicato su Nature e condotto dall'Università del Colorado, stima invece che oltre 40.000 chilometri quadrati di superficie lunare potrebbero intrappolare acqua sotto forma di ghiaccio in piccole cavità ombreggiate.
La scoperta, come spiegato dalla Nasa sul suo sito ufficiale, darà un contributo importante ai suoi sforzi volti a ottenere una migliore comprensione della Luna e portare avanti l’esplorazione dello spazio profondo.
“Siamo riusciti a confermare la presenza di acqua sulla superficie della Luna illuminata dal Sole, grazie al telescopio SOFIA. Non sappiamo ancora se possiamo usarla come risorsa, ma questa scoperta è la chiave per i nostri piani di esplorazione Artemis”, ha annunciato in un Tweet Jim Bridenstine, amministratore della Nasa. “Questa scoperta indica che l'acqua può essere distribuita sulla superficie lunare e non limitata a luoghi freddi e ombreggiati”, precisa l’agenzia spaziale statunitense in un comunicato dedicato.
Studi precedenti avevano suggerito la possibile presenza di acqua sulla superficie lunare (soprattutto vicino al polo Sud), ma le tecnologie utilizzate per le rilevazioni non consentivano di distinguere se il segnale derivasse dalla molecola d'acqua H2O o dall'idrossile (OH) legato ai minerali. Il telescopio SOFIA ha tolto ogni dubbio in merito, analizzando lo spettro della Luna a una lunghezza d'onda di 6 micrometri a cui l'acqua non può più essere confusa con altro. "Aver visto la firma spettrale della molecola d'acqua è un grande passo avanti, perché ci permette finalmente di risolvere una questione aperta da anni", ha commentato Enrico Flamini, presidente della Scuola Internazionale di Ricerche per le Scienze Planetarie (IRSPS), presso l'Università di Chieti-Pescara.
Nello specifico, l'acqua sarebbe presente in abbondanza a latitudini più meridionali (circa 100-400 parti per milione), probabilmente sequestrata in matrici vetrose o rocciose. "Questo ci dice che la Luna potrebbe essere meno arida del previsto - precisa Flamini - ma non è ancora possibile stabilire quanta acqua ci sia e quanta sia utilizzabile: di certo questa scoperta ci aiuterà a pianificare meglio le future missioni".
"La scoperta della presenza di acqua sulla superficie illuminata della Luna da parte della Nasa è di grande rilevanza per la missione Artemis. La possibilità di estrarla e utilizzarla sarebbe un volano prezioso per il programma di esplorazione: l'Italia è fiera di farne parte". Così il Sottosegretario alla Presidenza con delega allo spazio, Riccardo Fraccaro, ha commentato su Twitter l’annuncio di questa importante scoperta.
Lo studio, condotto dagli esperti dell'Università del Colorado, coordinati dallo scienziato Paul Hayne, invece, ipotizza la presenza diffusa di “trappole” d'acqua sulla superficie lunare.
“La nostra ricerca mostra che una moltitudine di regioni della luna potrebbero ospitare acqua ghiacciata. Se avessimo ragione l'acqua potrebbe essere più accessibile per ottenere acqua potabile, carburante per i razzi, tutto ciò per cui la Nasa ha bisogno di acqua”, aggiunge Hayne. Tuttavia, come precisato dall’esperto, rimane tuttora un mistero l’origine dell’acqua sulla Luna. “È una delle
domande a cui stiamo cercando di rispondere attraverso questa e altre ricerche. Attualmente, i principali contendenti sono comete, asteroidi o piccole particelle di polvere interplanetaria, il vento solare e la Luna stessa attraverso degassamento vulcanico”, conclude Hayne.
