Rebibbia. Muore giovane detenuto. Non si ferma la strage nelle carceri italiane

di Massimo Lorito 29/11/2013 POLITICA
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Mentre per tre settimane in Parlamento si è discusso della posizione del Ministro Cancellieri in merito al suo interessamento-intervento sul caso di Giulia Ligresti, detenuta “eccellente”, con il risultato che il Ministro siede ancora al suo posto e la Ligresti è oggi libera, per motivi di salute, dietro le sbarre delle vecchie e sovraffollate carceri italiane si continua a morire.

Il garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni ha purtroppo riferito nella serata di giovedì 28 ottobre della morte di un trentenne, Cristian, di origine salvadoregne, deceduto a Rebibbia il giorno prima in circostanze ancora poco chiare. La notizia era stata precedentemente diffusa da Radio Radicale e va tragicamente a confermare quanto sia grave il problema delle condizioni di vita delle migliaia di detenuti, in stragrande maggioranza, stranieri, tossicodipendenti, madri sole, che non potendo contare su avvocati o amicizie influenti continuano a subire il regime carcerario nonostante gravi condizioni di salute o di disagio.

Dalle poche notizie trapelate si apprende che Cristian aveva problemi con l’alcool e con la droga; era stato arrestato qualche mese fa per violenza a pubblico ufficiale e avrebbe terminato la sua pena il prossimo marzo. Il Sert lo seguiva e una struttura pubblica della capitale si era dichiarata disponibile ad accoglierlo fino alla fine della  pena. Ma purtroppo la burocrazia, in questo come in moltissimi altri casi, non è stata abbastanza veloce da far uscire anzitempo Cristian e magari risparmiargli una fine così orribile.

Ad ogni decesso in carcere ci si augura che possa essere l’ultimo e soprattutto che possa servire a rimuovere la pesante coperta di ipocrisia che circonda il sistema penitenziario. Sono molte le cose che si dovrebbero fare, dal rendere le strutture penitenziarie e i servizi correlati più adeguati, più umani, (solo a Rebibbia i detenuti sono 1768 a fronte dei 1128 che potrebbe ospitare) a pensare la pena come a qualcosa di realmente riabilitativo; dal depenalizzare alcuni reati (soprattutto in relazione al fatto che negli ultimi anni sono stati depenalizzati reati ben più gravi che fumarsi gli spinelli ), ad attuare tutta una serie di iniziative affinché le persone che scontano una pena non siano trattati come esseri umani di serie B, da ghettizzare e nascondere agli occhi della società.

Ciò che sconvolge, o dovrebbe farlo, venendo a conoscenza della morte del povero Cristian è che solo nel Lazio sono stati 16 le morti avvenute in carcere in questo 2013, e 142 in tutta Italia! Cifre da bollettino di guerra. Morti per droga, disperazione, malattia, solitudine. Vite finite nel silenzio generale, nel disinteresse dei media e, diciamolo senza ipocrisia, nel disinteresse della maggiore parte della nostra società. Ciò che sta accadendo nelle carceri italiane da molti anni ormai è lo specchio fedele di una società sempre più ingiusta, incivile e dai connotati pre-moderni, se ritiene “giusto  e legittimo” trattare chi ha sbagliato in questo modo. E il caso Ligresti, le parole e le azioni inadeguate del Ministro della Giustizia Cancellieri non fanno che aggravare la situazione e amareggiare i parenti delle vittime, privandoli di ogni speranza.

 

 

 



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