Tutto quello che non sappiamo sui Rom.
Incontro con Alexian Santino Spinelli. Musicista, scrittore e docente universitario
Il razzismo non ci appartiene, ma gli zingari se ne devono andare a casa loro. Quante volte abbiamo sentito quest’affermazione? Politici, semplici cittadini, vecchi, giovani.. troppo spesso la non informazione è peggiore di un’informazione sbagliata. Il pregiudizio regna sovrano e noi, popolo del XXI secolo, siamo così pigri da non voler cercare altre risposte, prendiamo per buono ciò che ci dicono Tv, radio, giornali. Ascoltiamo una sola “campana”, non ci interessa altro.
E’ arrivato il momento di aprire gli occhi, andare controcorrente; vogliamo ricordare le persecuzioni che gli zingari hanno subìto nel corso della loro storia millenaria e non vogliamo nascondere sotto il tappeto, com’è stato fatto fino ad ora, le torture che hanno subìto in Germania e in Svizzera, storie scomode per qualcuno. Distinguersi dalla massa e schierarsi con un popolo che non è stato mai difeso da nessuno. L’uomo non nasce mendicante, ma lo diventa, e se lo è diventato cerchiamo di capirne il motivo. Un popolo porta con sé tradizioni che non devono assolutamente cadere nell’oblìo: proprio per questo abbiamo raggiunto telefonicamente l’ambasciatore per la cultura romanì nel mondo, Santino Spinelli, detto Alexian. Musicista compositore, cantautore, insegnante, poeta, saggista. Ha due lauree: una in Lingue e Letterature Straniere Moderne e l'altra in Musicologia, entrambe conseguite all'Università degli Studi di Bologna. Insegna lingua e Cultura Romaní all'Università di Chieti. Con il suo gruppo, l' "Alexian Group", tiene numerosi concerti di musica romanì in Italia e all'estero.
Entriamo in un mondo completamente nuovo, la musica romanì. Se ne parla troppo poco, e spesso non si da il giusto valore ed il giusto tributo. Quali sono le caratteristiche?
Domanda difficile. Ci sono molti stili e molti contributi da parte delle diverse comunità, ad esempio in Spagna il “flamenco”, in Ungheria la “ciarda” e così via. I rom hanno dato uno sviluppo notevole alla musica in ogni zona in cui si sono stanziati. La musica romanì comprende tantissimi stili diversi, i quali hanno arricchito l’arte e la cultura europea. I rom hanno introdotto, in Europa, anche due nuovi strumenti, la “zurla” (oboe in legno di albicocco, formato con profilo conico sia interno sia esterno, con padiglione svasato, munito di ancia doppia montata su un cannello metallico con disco appoggia labbra) e Il “cimbalom” (detto anche cembalo ungherese), uno strumento musicale a corde battute o pizzicate, strumento che possiamo considerare antenato del pianoforte.
I grandi compositori europei hanno sempre dato una certa importanza alla musica rom, soprattutto nei Paesi dell’est, come Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia, etc.; queste nazioni, sotto il controllo asburgico in epoche passate, guardavano il popolo e la cultura rom con occhi diversi, cercavano la libertà e vedevano in loro il simbolo della libertà. La musica rom è diventata in questo modo musica nazionale, è stata tenuta in considerazione da grandi compositori, da Johannes Brahms, a Franz Peter Schubert, fino ai giorni nostri con Goran Bregoviæ; una schiera vastissima di autori e compositori che non hanno, però, riconosciuto l’apporto che il nostro popolo ha dato alla musica.
L’”Alexian Group” da anni gira l’Italia, varcando spesso anche i confini nazionali, portando la musica e la cultura romanì in giro per piazze, palazzetti e teatri. E’ stato difficile affermarsi e imporsi nel mondo musicale?
Il successo non è arrivato subito. E’ arrivato con l’impegno, il lavoro, la ricerca, la valorizzazione di un patrimonio artistico culturale, poi messo in musica. Abbiamo cercato di creare una musica “rom europea”; stiamo lavorando per pubblicare un nuovo cd, “ROMANO’ DIVES” prodotto con la collaborazione de “L’orchestra Europea per la Pace” e dell’attore Silvio Orlando. Abbiamo avuto la fortuna di suonare davanti al Papa emerito Benedetto XVI, in occasione della festa della famiglia, in mondovisione con diretta anche su RAI 1, abbiamo avuto l’onore di collaborare con tantissimi artisti provenienti da tutto il mondo; avvenimenti che lasciano qualcosa di profondo dentro ma cerchiamo sempre di non perdere di vista il nostro obiettivo: diffondere l’arte rom, la cultura e la voce del nostro popolo. Europa unita e senza discriminazione, questo è quello che vogliamo.
Molte sono le opere pubblicate dal suo gruppo, l’ultima uscirà a breve; dove trovate l’ispirazione per andare avanti e continuare a produrre testi e canzoni?
L’ispirazione si può trovare in qualsiasi cosa. Noi, popolo da sempre discriminato e sottovalutato vogliamo far conoscere la nostra cultura e la nostra arte. Sicuramente sia la cultura, sia le emozioni profonde vissute quotidianamente donano ispirazione per nuove opere.
Cosa vuol dire, oggi, essere rom in Italia?
Significa essere portatori di una cultura diversa, cultura che nasce intorno all’anno 1000, una cultura che trova la sua patria in India, o meglio nelle regioni a nord- ovest dell’India; rappresentiamo noi oggi un popolo che è stato costretto a una migrazione forzata. La prima tappa è stata l’Europa e dopo, attraverso le deportazioni, siamo arrivati in America, Australia e Africa. Oggi con oltre sedici milioni di persone, i “rom”, “sinti”, “kalè”, “manouches”, “romaniche” (cinque gruppi, cinque etnie con origini simili, che noi chiamiamo zingari), sono presenti con le loro comunità in tutti i continenti. In Italia vivono circa 170.000 persone di etnia rom, di cui il 70% sono cittadini italiani, residenti in Italia e vivono nelle case. Esempio pratico: italiano campano, italiano rom. Sono due cose identiche.
In Italia spesso il pregiudizio prende il sopravvento sulla razionalità e sulla conoscenza diretta di un determinato argomento. L’Italia è un Paese razzista?
Gli italiani non sono razzisti per cultura, lo sono diventati ultimamente per indottrinamento. Una buona parte del popolo italiano si è fatta pilotare e aggirare da movimenti xenofobi e razzisti. La politica ha sfruttato e sfrutta, troppo spesso, questo tema per fomentare la folla, per creare consenso. Tutto questo porta a discriminare, non solo i rom, ma tutte le etnie diverse. Oggi la società ha bisogno di scaricare le colpe, trovare un capro espiatorio, e come sempre i più deboli subiscono una maggiore repressione, una maggiore forma di discriminazione.
Integrazione, un tema molto attuale e discusso; negli ultimi dieci anni c’è stato un cambiamento culturale nei confronti di persone di etnia rom?
Stiamo peggiorando giorno dopo giorno. L’Italia ha ignorato e continua a ignorare le direttive indicate dall’Unione Europea; il nostro Paese sta continuando ad adottare misure orrende di segregazione razziale, i campi nomadi. Nel corso degli ultimi anni sono nate moltissime associazioni, ma il loro unico obiettivo è speculare il denaro pubblico in maniera privata. Il rom oggi serve per far girare questi soldi in teoria pubblici. La cultura sta morendo ogni giorno, si sfrutta una cultura, la nostra, per spicciole politiche e giochi di potere.
Campi nomadi come “campi d’internamento”. Moltissimi comuni italiani oggi stanno adottando provvedimenti noti sotto il nome di “Piano Nomadi”. L’informazione ce ne parla come un problema, arrivano notizie unilaterali, vuole dare una risposta di contro-informazione?
I rom devono essere un problema per coloro i quali devono speculare sulla loro pelle. Sono stanziati milioni e milioni di euro per queste persone, ma alla fine non arriva assolutamente nulla. Le associazioni che si occupano di rom fanno sparire questo denaro con progetti fasulli, senza alcun risultato.
Piano Nomadi. Cerchiamo di fare chiarezza in modo definitivo, i rom NON SONO NOMADI PER CULTURA, quindi già l’approccio dello Stato italiano è sbagliato. Perché bisogna creare campi nomadi e precludere la libertà di moltissime persone? Questi esseri umani (non zingari, non rom, non nomadi, ma persone), provengono dalle case, soprattutto dall’ex – Jugoslavia o dalla Romania. Sedentari a tutti gli effetti in uno Stato, nomadi in un altro. Non ha senso. Non siamo nomadi, ma migranti forzati. I rom sono costretti a vivere in condizioni disumane, schiavizzati nei “lager moderni”, spesso anche illegali. Giorno dopo giorno non ci avviciniamo verso nessun miglioramento, anzi stiamo indietreggiando. Questa segregazione contribuisce a creare il malcontento anche della cittadinanza ubicata nei dintorni di questi pseudo-ghetti odierni. Non possiamo parlare d’integrazione se al popolo italiano, i media, mostrano solamente la desolazione e il degrado dei posti dove sono costretti a vivere i rom. La cultura rom non è fatta di baracche fatiscenti, accattonaggio, fame e miseria; ha radici profonde che proviamo a far splendere attraverso l’informazione e l’arte.
Ai vari governi che si sono susseguiti fino ad oggi non interessa risolvere la questione rom, non interessa dare dignità a persone normali, l’unico scopo è fare voti attraverso propagande razziali e xenofobe e sfruttare il denaro pubblico spettante a queste popolazioni. Non c’è nessuna differenza, Destra, Sinistra, Centro, tutti hanno adottato la politica della discriminazione, tutti egualmente corresponsabili.
Cultura romanì. Invece di restare chiusi nel nostro mondo, cosa dovremmo apprendere e imparare?
Prima di tutto, il rispetto per le persone oltre gli stereotipi negativi; conoscere prima di giudicare; avvicinarsi all’arte, la cultura, la letteratura e la lingua rom poiché rappresentano un patrimonio per l’intera umanità, ma troppe persone non sanno nemmeno che esiste tutto ciò. Gli stereotipi vedono sempre il rom ai margini della società, quindi anche la nostra arte è declassata . E’ come accostare all’Italia solamente il fattore “mafia”, eludendo la conoscenza di Leopardi, Dante, Verdi, Puccini, etc. sono due piani completamente diversi e vanno giudicati in modo completamente diverso. Troppo spesso si arriva a generalizzare fino a un punto che sfiora l’assurdo, la cronaca diventa cultura. La cultura rom vivrà solo se anche gli altri, i non rom, la terranno in vita. Bisogna valorizzare e diffondere il genere rom affinchè non scompaia.
Un ringraziamento speciale ad Alexian Santino Spinelli. Trattare argomenti così poco conosciuti e così delicati credo serva per migliorare, ognuno nel proprio piccolo. Appena conclusa l’intervista, ripensando all’ultima dichiarazione rilasciata mi è balzata alla mente una poesia di Vladimir Majakovskij, “Non rinchiuderti Partito nelle tue stanze, resta amico dei ragazzi di strada”; certo, va inserita e adattata nel giusto contesto. Non possiamo isolarci e prendere per buono tutto ciò che dice la televisione, non possiamo aver paura degli “zingari” solo perché non li conosciamo, non possiamo giudicarli senza averci mai parlato.
L’Alexian Group da anni si batte a favore dell’Intercultura; l’ultima notte del 2013 il gruppo si è esibito in terra sarda per un concerto in lingua rom in collaborazione con l’artista italo-brasiliana, Pamela D’Amico, anche lei impegnata da anni nel suo progetto: portare la cultura brasiliana nel nostro Paese in maniera tale da non farci limitare a pensare al Brasile come terra di calciatori o ballerine. C’è anche altro, basta solo informarsi e avere “fame” di conoscenza.
L’anima e il cervello non hanno etnìe, facciamo tesoro di ciò che disse Vittorio Arrigoni (eroe contemporaneo, morto per la libertà del popolo palestinese): “non credo nei confini, nelle barriere, nelle bandiere. Credo che apparteniamo tutti, indipendentemente dalle latitudini e dalle longitudini, alla stessa famiglia, che è la famiglia umana”.
Integrazione, cittadinanza attiva e partecipazione; non lasciamo che restino solamente belle parole da sventolare nei momenti opportuni, facciamole diventare realtà attraverso l’impegno e la conoscenza. Impariamo a rispettare popolazioni con etnìe diverse e cerchiamo di coglierne i lati positivi, cerchiamo di migliorarci e parliamo di “pregiudizio” solo come una piaga degli anni scorsi.
Solo su questi binari possiamo aspettarci un futuro più giusto, luminoso.