Assemblea Pd. Il partito "vede" la scissione. Renzi "No ai diktat e ai ricatti." Indetto l'iter congressuale. La minoranza "Il segretario ha scelto la scissione"

di redazione 19/02/2017 POLITICA
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I toni ultimativi e gli ultimatum dei tre sfidanti alla segreteria hanno irrigidito Matteo Renzi.

E' scontro all'assemblea del Pd. Dopo il discorso di Matteo Renzi, giudicato dalla sinistra troppo duro, la strada sembra segnata. "Aspettiamo la replica, ma Renzi ha alzato un muro", dice Pier Luigi Bersani. La minoranza, fa sapere l'ex segretario, prenderà le sue decisioni dopo la replica del segretario. "È stato alzato un muro - conferma Enrico Rossi ancora più deciso - sia nel metodo che nella forma. Per noi la strada è un'altra. Sono maturi i tempi per formare una nuova area". Di diverso avviso sembra, invece, Michele Emiliano: "E' a portata di mano" ritrovare l'unità: "Siamo a un passo dalla soluzione. Un piccolo passo indietro consente a una comunità di farne cento avanti. Io sto provando a fare un passo indietro, ditemi voi quale, che consenta di uscire con l'orgoglio di appartenere a questo partito. Senza mortificare nessuno". "Stasera non posso che dire al segretario che ho fiducia in lui", aggiunge, chiedendogli un'ultima mediazione sulla conferenza programmatica. Ma in serata, con una dichiarazione congiunta, Emiliano, Rossi e Speranza rompono gli indugi: 'Anche oggi nei nostri interventi in assemblea - scrivono - c'è stato un ennesimo generoso tentativo unitario. È purtroppo caduto nel nulla. Abbiamo atteso invano un'assunzione delle questioni politiche che erano state poste, non solo da noi, ma anche in altri interventi di esponenti della maggioranza del partito. La replica finale non è neanche stata fatta. È ormai chiaro che è Renzi ad aver scelto la strada della scissione assumendosi così una responsabilità gravissima".

Fermiamoci e ripartiamo, la scissione non ha senso". E' il messaggio di Matteo Renzi all'assemblea del Pd che va, però, anche all'attacco: "Scissione è una brutta parola, ma peggiore c'è solo ricatto. Non è accettabile che si blocchi un partito sulla base di un diktat di una minoranza". Nel suo discorso il segretario del Pd ha sottolineato che il partito sta facendo "un regalo" a Beppe Grillo discutendo "solo di se stesso". Ha ribadito la volontà di andare a congresso, ma anche il sostegno al governo Gentiloni

Io dico fermiamoci, fuori ci prendono per matti. Oggi discutiamo ma poi mettiamoci in cammino", ha esordito Renzi. "La scissione - ha aggiunto - ha le sue ragioni che la ragione non conosce. La nostra responsabilità è verso il Paese e quelli che stanno fuori. Adesso basta: si discuta oggi ma ci si rimetta in cammino. Non possiamo continuare a stare fermi a discutere al nostro interno". "Scissione - ha sottolineato - è una delle parole peggiori, peggio c'è solo la parola ricatto, non è accettabile che si blocchi un partito sulla base dei diktat della minoranza". "Tutti si sentano a casa nel Pd, liberi di discutere ma se in tutte le settimane c'è un'occasione di critica, se per tre anni si è pensato che si stava meglio quando si stava peggio, io non dico che siamo nemici né avversari ma dico 'mettetevi in gioco', non continuate a lamentarvi ma non potete immaginare di chiedere a chi si dimette per fare il congresso di non candidarsi per evitare la scissione non è una regola democratica".

CONGRESSO - "Non possiamo stare fermi a dire congresso sì, congresso no. Resti agli atti - ha sottolineato - quel che è accaduto in questi due mesi e mezzo. Ho cercato tutti i giorni di raccogliere le proposte degli altri per restare insieme. All'ultima assemblea due amici storici mi hanno preso a male parole per dirmi 'fai un errore'. A quel punto una parte della maggioranza e minoranza ha detto fermiamoci e mi sono fatto carico di non fare il congresso perché pensavo potessimo fare una campagna di ascolto insieme". "Se non si fa il congresso diventiamo come gli altri, trovare un equilibrio non è difficile ma per fare cosa se il Pd ha già vissuto passaggi analoghi nel 98 con Prodi, nel 2009 quando si è dimesso Veltroni".

GOVERNO GENTILONI - "Basta con la discussione e le polemiche sul governo. Faccio un applauso a Gentiloni che è qui, per quello che sta facendo con i ministri. E' impensabile che si trasformi il congresso in un congresso sul governo. Sarebbe un errore allucinante per tutti". "Sul governo non ho cambiato idea, mi fa piacere che altri lo abbiano fatto passando dall'appoggio caso per caso all'appoggio fino a fine legislatura. Rispettiamo l'azione del governo e i poteri del presidente della Repubblica". 

 Ieri la conferenza della sinistra del partito al Teatro Vittoria di Testaccio a Roma nella cui platea lo stato maggiore della sinistra dem, da Massimo D'Alema a Pierluigi Bersani, da Guglielmo Epifani a Roberto Speranza, oltre a numerosi deputati, non solo della minoranza, e almeno 2mila militanti stipati dentro e fuori, ha sancito il bisogno di sinistra che c'è in questa anima del Pd.

E anche le parole d'ordine degli interventi ricalcano lo stesso registro: uguaglianza, giustizia sociale, lavoro. Una platea che si scalda anche quando viene sottolineato che, in caso di addio al Partito Democratico, i dem continueranno a essere interlocutori e compagni di strada.

"Speriamo di non dover dire cose drammatiche nelle prossime ore. Qualunque cosa accada non costruiremo un soggetto avversario del Pd. Questa soluzione è facilmente evitabile con un po' di voglia di stare insieme", ha spiegato Emiliano che, nel pomeriggio, è ospite del congresso fondativo di Sinistra Italiana a Rimini.

"Il nostro avversario è la destra", ribadisce Enrico Rossi. 

Su questo punto Roberto Speranza ha sottolineato: "Avevamo promesso più lavoro e stabilità e ci siamo ritrovati il boom dei voucher; avevamo promesso green economy e ci siamo ritrovati le trivelle e il 'ciaone'; avevamo promesso equità fiscale e abbiamo tolto l'Imu anche ai miliardari. Un passaggio che strappa applausi.

Gli applausi più scroscianti, però, sono riservati a Pierluigi Bersani, seduto in prima fila tra D'Alema ed Epifani, al quale la platea tributa una standing ovation. Emiliano lo ringrazia, dopo essersi ironicamente scusato per avere sostenuto Renzi al congresso nel 2013. "Oggi sto con Speranza e Bersani perché sono due persone perbene. Ed essere persone perbene significa non fare tattica su temi per cui ti dovresti vergognare di fare tattica

Oggi il segretario trarrà il dado: non sono io a volere la rottura, siete voi che avete cambiato idea non perdendo occasione per demolire me e quanto fatto in questi anni, sarà il ragionamento del leader che, dopo aver ripetuto che il governo Gentiloni non ha scadenza, si dimetterà convocando il congresso subito per celebrare le primarie o il 9 aprile o, al massimo, il 7 maggio.

 


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